La vita complessa e straziante degli asini da lavoro
Asini, muli, cavalli non come animali di affezione ma come esemplari di lavoro e fatica: sfruttati, abusati, costretti a una vita di lavoro fino alla morte.
Fonte immagine: Waiting donkey on Marrakesh Market in Morocco via Shutterstock
Circa 112 milioni tra asini, cavalli e muli conducono una vita al limite della sopravvivenza, costretti a sopportare pesi e volumi inauditi. Non sono esemplari da gara, da compagnia o da cortile, ma sono animali costretti a una vita di solo lavoro, violenza e molta fatica. Trasportare carichi troppo pesanti, bidoni d’acqua, mattoni, legname e spesso persone è per loro la dura quotidianità. Ma anche trascinare carretti e attrezzature lungo strade difficili da percorrere, solitamente in luoghi lontani e dispersi dove la tecnologia e la modernità non sono purtroppo di casa.
Sono animali che non catturano l’attenzione, non trovano sempre spazio sulle pagine dei giornali solleticando la sensibilità del pubblico. La loro è una vita ai margini, anonima, spesso piegata dal lavoro forzato e dalle violenze gratuite. Oggetti, macchine di fatica, che destano poco interesse ma che le associazioni animaliste cercando di preservare e curare nonostante le difficoltà. Tra queste vi è The Brooke, che da tempo opera per il benessere degli equini, focalizzando l’attenzione in territori come la Cina, il Messico, l’Etiopia e in particolare il Pakistan. Dove gli asini vengono utilizzati per trasportare il carbone dalle profondità delle miniere, da cui riemergono spesso zoppi, feriti, con evidenti difficoltà respiratorie.
A molti di questi animali viene solitamente praticato un taglio sulle narici per aiutarli a respirare meglio, ma è una falsa credenza e principalmente un maltrattamento gratuito. L’associazione presta il suo supporto direttamente nei territori coinvolti nell’utilizzo di questi animali, cercando di rendere meno dolorosa la loro vita. Ma secondo Petra Ingham, CEO del The Sanctuary Brooke, l’utilizzo di questi equini da lavoro risulta tristemente in aumento, un numero sempre più alto di animali è coinvolto in questa pratica aberrante. Gli animali conducono così un’esistenza di fatica, sofferenza e dolore, che spesso si conclude con una morte per affaticamento o per ferite da sfruttamento. Questi lavoratori invisibili, silenziosi, spesso l’unica risorsa per famiglie disagiate, subiscono sul loro corpo il peso fisico del disinteresse generale.