Uccisioni di animali selvatici: le superstizioni a cui non credere più
WWF e CICAP hanno redatto un report che mette in relazione le uccisioni degli animali selvatici con le superstizioni a cui non dobbiamo più credere. Perché ancora nel 2024 c'è chi uccide i rinoceronti per curarsi con il loro corno. E c'è anche chi crede ancora che le zampe dei conigli portino fortuna
Fra le tante cause che ancora provocano le uccisioni di animali selvatici figurano anche le superstizioni. Ebbene sì: nel 2024 c’è ancora chi uccide gli animali per creare dei portafortuna, per sfruttare le loro presunte proprietà “magiche” o anche farmacologiche. Ci sono ancora tantissime credenze popolari e miti a cui molte persone credono e che causano la morte di parecchi animali. E non pensiate che l’Italia sfugga a questo trend. Per questo motivo il WWF e il CICAP hanno stilato un report in vista della GAS – Giornata Anti Superstizione, giornata che si terrà il prossimo 17 maggio.
Visto poi che domenica 3 marzo si è svolta la Giornata Mondiale della Fauna Selvatica (World Wildlife Day) ecco che in tale occasione il WWF e il CICAP hanno deciso di anticipare l’uscita del report (il dossier dal medesimo titolo sarà poi pubblicato su Query, la rivista del CICAP che uscirà ad aprile). Questo per sensibilizzare ulteriormente l’opinione pubblica: molte specie animali sono a rischio di estinzione anche a causa di queste superstizioni. E questo incide negativamente anche sulla biodiversità.
Uccisioni di animali selvatici, fra superstizioni e medicina tradizionale
WWF e CICAP hanno creato una mappa delle specie a rischio a causa di superstizioni e tradizioni, sia antiche che moderne. Ebbene, la principale causa delle uccisioni di animali selvatici ha a che fare con la medicina tradizionale orientale. Si parla della medicina tradizionale di Cina, Giappone, Thailandia e Vietnam.
Pensate che la sola Cina usa nella sua farmacopea qualcosa come 12mila sostanze: l’85% sono di origine vegetale, il 2% minerale e il 13% derivano dagli animali. C’è da dire che Pechino, nel corso degli ultimi tempi, ha cercato di stoppare il traffico delle specie maggiormente a rischio. Per esempio ha eliminato dagli elenchi delle specie commercializzabili quelle minacciate. Inoltre ha sostituito alcuni animali selvatici con quelli d’allevamento.
Fra gli animali minacciati dall’uso “medicinale” ricordiamo:
- orsi della luna: cacciati per la loro bile
- tigre: cacciata per le ossa, pelli e altre parti del corpo (secondo la Lista Rossa dell’IUCN il numero di esemplari è in leggera crescita, ma è ancora a rischio estinzione)
- rinoceronte: cacciato per il suo corno (purtroppo ultimamente il bracconaggio ha rialzato la testa)
- asino selvatico africano: cacciato per la sua pelle (in pericolo critico di estinzione)
- cavalluccio marino: usato sia essiccato che ridotto in polvere
E non pensiate che la medicina tradizionale italiana sia esente da tutto ciò. In alcune zone d’Italia si pensa che il vino, mescolato al sangue di anguilla, sia un rimedio per contrastare l’ubriachezza e l’alcolismo. Ebbene: l’anguilla è a rischio a causa dell’inquinamento, della pesca eccessiva, della pesca illegale e dei cambiamenti climatici. Tanto che è classificata fra le specie in pericolo critico di estinzione.
Ci sono poi molti animali che sono uccisi per i loro presunti poteri afrodisiaci:
- carne di balena
- oloturia o cetriolo di mare
- estratto della ghiandola del mosco o cervo muschiato (specie vulnerabile per l’IUCN)
- cavalluccio marino
- polvere di corna di cervo
- nidi del rondone asiatico salangana
Inoltre parecchi altri animali sono uccisi per creare dei filtri d’amore (esiste un filtro d’amore creato con i genitali della iena). Inoltre anche la medicina ayurvedica usa i genitali di varano a tal scopo, facendo credere che si tratti di una pianta medicinale chiamata hatha jodi.
E di nuovo c’è anche l’Italia: il falco pecchiaiolo è stato decimato nello Stretto di Messina in quanto si pensava che, così facendo, gli uomini fossero al sicuro dai tradimenti coniugali.
Animali uccisi perché considerati “sfortunati”
Ci sono poi numerosi animali uccisi perché considerati “sfortunati”. Fra di essi ricordiamo:
- civette e uccelli notturni in generale, fra cui barbagianni, allocco, gufo e assiolo
- gatti neri
- aye-aye, animale considerato porta sfortuna in Madagascar, tanto che per chi crede a tali superstizioni vedere un aye-aye indica malattia o un presagio di morte (e questo animale è nella lista delle 25 specie di primati più a rischio)
Per contro, ci sono animali uccisi in quanto alcune loro parti sono usate come porta fortuna:
- stambecchi: uccisi per ricavare la “croce del cuore”, cartilagine che sostiene il cuore e che avrebbe proprietà magiche
- conigli e lepri: uccisi per le loro zampe, considerate dei porta fortuna
- barbagianni: considerati porta fortuna in India
- lori: primate che si pensa porti fortuna
Animali uccisi a causa di credenze magiche (e non solo)
Ci sono poi alcuni animali uccisi perché si crede che parti del loro corpo siano dotate di poteri magici:
- serpenti in India: si crede che nella testa di alcuni serpenti ci sia la nagamani, una pietra da cui si ricava un talismano che sarebbe in grado di arrivare gli avvelenamenti, tenere lontani gli spiriti maligni o capace anche di cambiare colore quando in presenza di un veleno. In altre parti del mondo, invece, queste pietre di serpente sono create usando le ossa del cranio o della coda del rettile
- ossa e denti di serpenti, topi e scimmie: usati in Africa occidentale per creare i gris-gris, talismani capaci di proteggere dal Male e che attirerebbero la buona sorte
E poi ci sono alcune leggende metropolitane moderne, diffuse soprattutto in molti paesi arabi, secondo le quali gli Stati Uniti e Israele userebbe degli animali-spia, opportunamente addestrati, per controllare i nemici. Per questo motivo spesso alcuni uccelli come il grifone sono catturati e uccisi. E qualcuno pensa che anche i tag, gli anelli che si mettono sulle zampe degli uccelli per identificarli, possano avere a che fare con questi presunti casi di spionaggio.
E agli squali non va meglio
Infine, al termine del report sulle uccisioni degli animali selvatici per le superstizioni, il WWF e il CICAP hanno dedicato un approfondimento anche alla questione squali. Da sempre ritenuti pericolosissimi per l’uomo (poche in realtà sono le specie così predatorie), dunque vittime della pesca illegale, ecco che in realtà siamo noi la vera minaccia per questi pesci cartilagine.
C’è chi li caccia per nutrirsi delle pinne di squalo (neanche a dirlo usate anche come afrodisiaco) e chi li usa per creare degli integratori utilizzati in virtù delle loro presunte capacità antitumorali. Questa leggenda metropolitana si diffuse nel 1992 grazie al libro Gli squali non si ammalano di cancro: come la cartilagine di squalo può salvarti la vita, di William Lane e Linda Comac. Peccato solo che il libro si basasse su dati e sperimentazioni sbagliati.
Il risultato di tutto ciò è stato un aumento della pesca di questi animali. Secondo quanto riferito dal WWF, più della metà delle specie di squali presenti nel Mar Mediterraneo è a rischio.
Fonti: