Termoelettrico, crisi per colpa del fotovoltaico. Chiudono 2 impianti
Il termoelettrico è seriamente in crisi a causa del fotovoltaico: i sindacati scrivono a Passera, Edipower forse chiude due impianti.
Si può parlare di crisi del termoelettrico italiano, causata dallo sviluppo del fotovoltaico? A quanto pare sì. A essere maggiormente in crisi, al momento, sono le centrali a olio combustibile. Quelle più inquinanti, insieme agli impianti a carbone, che vengono ormai utilizzate al minimo quasi solo in caso di emergenza. In questo modo, però, non riescono a coprire i costi di gestione e sono a serio rischio di chiusura.
Così si è mosso il sindacato: i segretari generali di Filctem-Cgil, Flaei-Cisl, Uilcem-Uil Alberto Morselli, Carlo De Masi e Carmelo Barbagallo hanno scritto al ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, per chiedere un incontro urgente. Scrivono i sindacati:
Allarme centrali termoelettriche a olio combustibile. La situazione che si prospetta è assai grave; da un lato l’eccesso di offerta tiene fermi anche i più moderni cicli combinati a gas, dall’altro se le centrali a olio devono rimanere disponibili per i “casi di emergenza” devono essere messe a norma: ma in questo caso – dicono le aziende, comprensibilmente – ci vuole certezza che la potenza disponibile sia remunerata. In ballo ci sono un migliaio di posti di lavoro, oltre a tutto l’indotto che ci gravita attorno per le manutenzioni
L’eccesso di offerta di cui parlano i sindacati è dovuto a due fattori: la domanda di energia più bassa che in passato, a causa della crisi economica, e l’abbondanza di energia elettrica prodotta dal fotovoltaico che ha priorità sulla rete elettrica, come tutte le rinnovabili. Il risultato è che le termoelettriche stanno ferme a guardare mentre il fotovoltaico si prende i ricavi maggiori perché produce soprattutto proprio quando c’è maggiore richiesta di energia: a cavallo di mezzogiorno. Lo chiamano “peak shaving“, fare la barba al picco di domanda dell’energia elettrica.
Ecco, allora, che alcune vecchie centrali termoelettriche potrebbero essere chiuse per sempre. Quali? La voce che gira è che Edipower, da pochissimo tornata in mani tutte italiane dopo la scissione con Edison (adesso Edipower è di Delmi, Iren e A2A) potrebbe chiudere la termoelettrica a olio combustibile di San Filippo del Mela, a Milazzo in provincia di Messina, e quella a carbone di Brindisi.
La prima è un impianto molto grosso, da 1.280 MW che negli ultimi anni ha avuto più di un problema a ottenere l’AIA, l’Autorizzazione Integrata Ambientale. è stata aggiornata con dei filtri, il De-NOx e il De-SOx, ma solo parte dei fumi vengono filtrati. E la popolazione di Milazzo e dintorni protesta. Ora è in esercizio “con prescrizioni”. Una volta che sarà completato il nuovo elettrodotto Sorgente-Rizziconi che collegherà Sicilia e Calabria, si dice nel 2015, San Filippo del Mela potrà chiudere senza che la Sicilia soffra di alcun black out.
La centrale a carbone di brindisi ha la stessa potenza: 1.280 MW. Anch’essa ha i filtri anti inquinamento e altrettante contestazioni da parte della popolazione locale. Nel 2005 il carbonile della centrale (cioè l’area dove viene stoccato il carbone in attesa di essere bruciato) viene sequestrato dalla magistratura perché non è a norma e l’impianto viene momentaneamente spento. Poi riparte a mezzo carico: due gruppi soli per 640 MW. Il carbone lo portano le navi con un incessante via-vai da Slovenia e Montenegro.
La nuova proprietà di Edipower, quindi, potrebbe tirare i remi in barca e decidere di disfarsi di questi impianti vecchi, costosi e inquinanti messi ormai fuori mercato dalla crisi e dal fotovoltaico. Per la centrale brindisina si è anche avanzata l’ipotesi di trasformarla in un inceneritore di rifiuti. Dalla padella alla brace.