Incendi Amazzonia
Mai come nel 2019 si sono verificati così tanti eventi incendiari nella Foresta Amazzonica. Oltre 75.000 incendi hanno devastato il Polmone della Terra solo quest’anno, con un aumento dell’83% rispetto al 2018. Una distruzione tra le più gravi degli ultimi anni che rischia di contribuire in modo determinante al cambio degli equilibri dell’ambiente. Cerchiamo di capirne le cause e analizziamo gli aspetti più preoccupanti di questo ennesimo disastro ambientale.
Incendio Amazzonia: cos’è successo e perché
In pieno agosto, decine di migliaia di roghi sono stati segnalati, tanto da attirare l’attenzione dei media di tutto il mondo. La coltre di fumo è talmente vasta da poter essere vista persino dai satelliti, ed ha ormai raggiunto la città di San Paolo, a quasi 3.000 km dal luogo di origine dell’incendio.
Al contrario di quanto pensino in molti, questi incendi non sono dovuti al riscaldamento globale: le temperature sono stabili e le precipitazioni poco sotto alla media. Il clima secco, tuttavia, favorisce la diffusione delle fiamme, una volta che queste siano state generate. Come ribadisce l’INPE (l’Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile), è quasi sempre l’uomo ad accendere la miccia: la foresta pluviale è, del resto, un ambiente particolarmente umido. È la deforestazione la vera causa di questo disastro: agricoltori, allevatori e imprese del settore zootecnico bruciano intenzionalmente porzioni di foresta per creare nuovo spazio alle loro attività, nonostante ciò sia illegale – specialmente nella stagione secca – e leda irrimediabilmente la Terra, causando sia danni alla biodiversità che l’aumento dei gas serra.
Foresta Amazzonica: estensione e importanza
Per rendersi conto delle proporzioni di questo disastro, occorre fare ricorso a qualche dato. La sola Foresta Amazzonica occupa una superficie di oltre 5,5 milioni di chilometri quadrati, oltre la metà dei quali in territorio brasiliano, divisa tra gli Stati di Amazonas, Rondônia, Mato Grosso e Pará.
Il Polmone della Terra, tuttavia, tocca anche altri Paesi del Sud America, come Colombia, Venezuela, Perù e Bolivia. Questi ultimi, a differenza del Brasile, sono allarmati per la situazione e stanno cercando accordi e aiuti internazionali per fronteggiare gli incendi. A rischio, infatti, vi è la produzione del 20% dell’ossigeno sulla Terra e il mantenimento del clima di tutta questa immensa area. A luglio, infatti, sono bruciati ben 225.000 ettari di foresta – un’area più vasta dell’intera Germania – e ormai oltre il 15% della foresta pluviale amazzonica è andato perduto (rispetto alle sue dimensioni originarie, prima della comparsa dell’uomo). Il disboscamento del 20-25% del Polmone della Terra farebbe sì che questa immensa area si trasformi in savana, cambiando per sempre l’assetto del nostro mondo.
Donazioni e aiuti per domare i roghi
L’opinione pubblica si è finalmente mobilitata per cercare quantomeno di arginare l’ondata di distruzione che sta avvenendo. Personaggi pubblici come Leonardo di Caprio hanno investito ingenti somme in donazioni, le ONG hanno lanciato campagne di fundraising, il Presidente Macron ha proposto lo stanziamento di fondi europei per aiutare gli Stati in difficoltà.
La posizione di Bolsonaro sull’incendio in Amazzonia
Jair Bolsonaro, Presidente del Brasile, è stato duramente attaccato da diversi personaggi politici e istituzionali per le sue azioni relative alla vicenda degli incendi in Amazzonia. Il politico, infatti, continua a minimizzare le proporzioni dei danni inflitti all’ambiente e anzi accusa le ONG di aver appiccato i roghi per poter attaccare la sua politica. Egli ha inizialmente rifiutato gli aiuti europei e ha mobilitato invece l’esercito e i vigili del fuoco per domare le fiamme (pur non rivelando come).
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