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Stop al fotovoltaico agricolo a terra nel decreto liberalizzazioni

Con il decreto Liberalizzazioni il governo toglie gli incentivi al fotovoltaico agricolo a terra. Ma ce n'era veramente bisogno?

Stop al fotovoltaico agricolo a terra nel decreto liberalizzazioni

Cambiano di nuovo gli incentivi al fotovoltaico. O almeno potrebbero cambiare: nel decreto sulle liberalizzazioni appena approvato dal Consiglio dei ministri, ma non ancora discusso da Camera e Senato, c’è anche spazio per una riforma delle tariffe incentivanti all’energia rinnovabile prodotta dai pannelli fotovoltaici.

L’articolo in questione è il 65 ed è composto da 4 commi. Il primo toglie gli incentivi al cosiddetto “fotovoltaico agricolo“, cioè quello a terra su suoli agricoli con i grandi parchi fotovoltaici:

Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, non è consentito l’accesso agli incentivi statali di cui al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28

Ciò non vuol dire che non si potranno più realizzare parchi fotovoltaici nei campi. Ma non si potrà più chiedere l’incentivo, che tra l’altro era stato già notevolmente abbassato dal Quarto Conto Energia. Una misura già anticipata dal ministro dell’Agricoltura Mario Catania e che quindi era attesa, ma non con questa formulazione così drastica.

Si salvano, e continuano a prendere l’incentivo, i parchi già realizzati o in fase di completamento. Come specifica il comma 2:

Il comma 1 non si applica agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole che hanno conseguito il titolo abilitativo entro la data di entrata in vigore del presente decreto o per i quali sia stata presentata richiesta per il conseguimento del titolo entro la medesima data, a condizione in ogni caso che l’impianto entri in esercizio entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto

Le ragioni di fondo di questa decisione, che di fatto uccide il fotovoltaico agricolo, sono principalmente due. La prima è che, nel giro di un paio di anni, nelle regioni meridionali italiane dovrebbe essere raggiunta la cosiddetta “grid-parity”. Cioè il costo del kW prodotto dal fotovoltaico dovrebbe essere pari, se non inferiore, a quello del kW prodotto con le fonti fossili. Il fotovoltaico, quindi, non avrebbe più bisogno degli incentivi pubblici per “stare in piedi”.

La seconda ragione è l’impatto paesaggistico dei grandi parchi fotovoltaici a terra, decisamente poco belli da vedere. Entrambe le ragioni, però, appaiono molto meno “ragionevoli” dopo aver letto il terzo comma dell’art. 65 del decreto Liberalizzazioni: quello con il quale il governo alza l’incentivo alle serre fotovoltaiche parificandolo a quello del fotovoltaico montato sugli edifici.

Con il Quarto Conto Energia le serre prendevano un incentivo a metà tra quello dei parchi a terra (molto basso) e quello riservato al fotovoltaico su edifici (abbastanza alto). Ora, invece

Agli impianti i cui moduli costituiscono elementi costruttivi di serre così come definite dall’articolo 20, comma 5 del decreto ministeriale 6 agosto 2010, si applica la tariffa prevista per gli «impianti fotovoltaici realizzati su edifici». Al fine di garantire la coltivazione sottostante, le serre – a seguito dell’intervento – devono presentare un rapporto tra la proiezione al suolo della superficie totale dei moduli fotovoltaici installati sulla serra e la superficie totale della copertura della serra stessa non superiore al 50 per cento

I problemi, a questo punto sono due: chi conosce un minimo di agricoltura in serra sa bene che con una copertura del 50% (ovviamente esposta a sud, per prendere molto più sole) è praticamente impossibile far crescere qualcosa di buono. Troppa ombra per i pomodori, le zucchine, le melanzane e tutti gli altri ortaggi che vengono coltivati da decenni in serra nelle regioni del sud.

Il secondo problema, invece, è di metodo: se il fotovoltaico a terra non va incentivato perché è brutto e perché stiamo raggiungendo la grid parity, per quale motivo si dovrebbe incentivare una serra fotovoltaica? Una serra con un pannello sul tetto ha un impatto paesaggistico minore di un pannello poggiato a terra? Vista la distruzione del paesaggio causata dalle serre in molte province siciliane e pugliesi non si direbbe.

Una serra, poi, se la si riesce a far produrre crea reddito. Quindi la grid parity del fotovoltaico sarebbe persino “aiutata” dalla presunta produzione agricola. Se l’obbiettivo del governo era quello di difendere i terreni agricoli dalla speculazione fotovoltaica, quindi, difficilmente verrà raggiunto: i grandi fondi di investimento smetteranno di costruire decine di MegaWatt a terra e inizieranno a costruirli a un paio di metri dal suolo.

Ma era veramente così urgente difendere i terreni dai pannelli fotovoltaici? Quanta terra ruba l’energia rinnovabile all’agricoltura? Poca, anzi pochissima: i dati del 2010 parlano di un massimo dello 0,018% della Superficie Agricola Totale italiana (SAT) e dello 0,026% della Superficie Agricola Utilizzata (SAU) per produrre cibo.

È vero che dal 2010 al 2011 il fotovoltaico ha avuto una crescita impressionante, ma è anche vero che per passare dallo 0,026% a un numero anche lontanamente preoccupante ci vuole qualcosa di più.

, Agriregionieuropa

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