
La remunerazione dei sacerdoti (www.greenstyle.it)
La questione dei guadagni di preti, vescovi e suore suscita da sempre curiosità e interesse pubblico, ecco a quanto ammontano.
È fondamentale chiarire che il sistema di remunerazione per sacerdoti e religiosi non può essere definito come un “stipendio” nel senso tradizionale del termine, ma piuttosto come un sostegno economico destinato a garantire una vita dignitosa e il corretto svolgimento della loro missione.
Il compenso percepito dai sacerdoti è regolato dal “Sostentamento del clero”, una forma di supporto economico stabilita dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Questo sistema di remunerazione si basa su un punteggio che varia in relazione a diversi fattori, tra cui l’anzianità, il ruolo ricoperto e le specifiche circostanze in cui il sacerdote opera. Nel 2024, il valore fissato per ciascun punto è di 13,12 euro lordi.
Per comprendere meglio come funziona questo sistema, consideriamo un esempio: un sacerdote appena ordinato inizia con 80 punti, il che implica una remunerazione lorda mensile di circa 1.049,60 euro. D’altra parte, un vescovo prossimo alla pensione può arrivare a guadagnare fino a 1.810,56 euro lordi mensili, con un punteggio massimo di 138 punti.
La distribuzione dei punti tiene conto di vari fattori, come la distanza tra le parrocchie e la presenza di situazioni particolarmente difficili. Ad esempio, i sacerdoti che operano in aree disagiate o che ricoprono incarichi di maggiore responsabilità, come i vicari parrocchiali o coloro che insegnano religione nelle scuole pubbliche, possono ottenere punteggi più alti, riflettendo dunque una maggiore necessità economica.
È fondamentale notare che il “Sostentamento del clero” è solo un’integrazione al reddito. I sacerdoti possono avere altre fonti di guadagno, come lavori part-time come insegnanti, cappellani in ospedali o caserme, i cui proventi si sommano a quanto ricevono dalla CEI. L’Istituto centrale per il sostentamento del clero interviene solo se il totale dei redditi non raggiunge la soglia annualmente stabilita, garantendo così una certa sicurezza economica.
I costi di vita e l’alloggio
Ogni parrocchia ha l’obbligo di fornire un alloggio ai sacerdoti e di contribuire ai costi delle utenze domestiche, come luce, acqua e gas. Questo supporto può tradursi in un rimborso spese mensile di circa 100 euro. Tuttavia, questo rimborso non è destinato a sacerdoti con redditi superiori alla soglia stabilita dalla CEI. Inoltre, i sacerdoti che non esercitano un ministero attivo per motivi di salute o età possono ricevere un assegno integrativo di circa 1.400 euro lordi.

A differenza dei sacerdoti, le suore e i frati non ricevono un sostentamento garantito dalla Chiesa e, pertanto, spesso si trovano costretti a cercare occupazioni esterne per sostenere se stessi. Le suore, ad esempio, possono lavorare in ospedali, scuole e altre istituzioni, ricevendo stipendi che variano in base ai contratti collettivi di lavoro, proprio come qualsiasi lavoratore.
Anche i frati, che appartengono a ordini religiosi come i carmelitani, domenicani o francescani, seguono regole di povertà e comunità che li privano di un reddito fisso. Vivono in comunità e si dedicano a opere di carità, insegnamento e assistenza sociale, ma devono comunque provvedere a se stessi attraverso lavori esterni.
Chi paga i religiosi?
Un aspetto cruciale da considerare è chi effettivamente finanzia le remunerazioni dei religiosi. I sacerdoti, quando ricoprono incarichi lavorativi, ricevono il loro stipendio dal datore di lavoro. Ad esempio, gli insegnanti di religione che lavorano nelle scuole pubbliche sono pagati dallo Stato italiano. Tuttavia, quando il guadagno complessivo di un sacerdote è inferiore alla soglia stabilita per il sostentamento, interviene l’Istituto centrale per il sostentamento del clero, che agisce per garantire un reddito minimo.
Il finanziamento dell’Istituto centrale avviene attraverso donazioni libere e risorse derivanti dall’8×1000, una quota dell’imposta sul reddito delle persone fisiche che i contribuenti possono destinare alla Chiesa cattolica o ad altre confessioni religiose. Questo meccanismo di finanziamento è spesso oggetto di dibattito pubblico, con opinioni contrastanti riguardo all’uso di fondi pubblici per supportare le istituzioni religiose.