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Sistemi di accumulo: presente e futuro per le rinnovabili

L'accumulo è la chiave per la transizione alla generazione distribuita e le smart grid. Le attenzioni delle aziende sono sempre maggiori.

Sistemi di accumulo: presente e futuro per le rinnovabili

La killer application dell’elettricità si intravede all’orizzonte. È l’accumulo, il sistema che sembrerebbe in grado di sovvertire il paradigma energetico odierno e che possiede, secondo diversi analisti, la potenzialità di creare business e azzerarne altri, specialmente se parliamo di rinnovabili. E non si tratta di una prospettiva lontana quella rappresentata dall’accumulo, visto che a maggio 2013, in piena crisi economica e con i bilanci pubblici che in tutta Europa fanno acqua, la prudente Germania lo ha incentivato in conto capitale con un fondo di 50 milioni di euro che fa capo alla KfW, la Banca pubblica per la ricostruzione, le cui spese, per inciso, non sono contabilizzate nel debito pubblico di Berlino.

Quella dell’accumulo, pompaggi a parte, è un tecnologia ancora limitata, specialmente per i costi, che nel caso del fotovoltaico si sommano a quelli dell’impianto. L’innovazione tecnologica, specialmente per ciò che riguarda l’accumulo elettrochimico, ossia le batterie, è però promettente sia sul fronte dell’innovazione di prodotto, sia su quello dell’abbassamento dei costi che scenderanno in presenza di una sempre maggiore economia di scala. Si tratta di un trend condiviso dalla totalità degli analisti, a causa della sempre maggiore richiesta di accumulo energetico sia nel settore dell’elettronica di consumo, sia in quello della mobilità sostenibile, fattori che hanno messo fine da alcuni anni alla “stasi” sul fronte della ricerca del settore durata quasi un secolo, periodo durante il quale le tecnologie relative all’accumulo hanno “sonnecchiato” in ambiti residuali, senza nemmeno l’input del settore militare, come è successo per i sensori ottici digitali, le reti informatiche e il GPS.

Le tecnologie di accumulo prese in considerazione dagli analisti oggi sono tre. La prima è quella elettrochimica, composta da batterie di varia natura, la seconda è quella meccanica, come i volani e i pompaggi, mentre la terza è rappresentata dai supercondensatori e dagli SMES (Superconducting Magnetic Energy Storage, ossia sistemi d’accumulo energetico a superconduttori magnetici). Dai primi anni del decennio scorso il livello della ricerca nel settore è aumentato, specialmente nel settore elettrochimico e per quanto riguarda le rinnovabili di piccola e media taglia le tecnologie più promettenti sono gli Ioni di Litio e il Cloruro di Sodio. «Si tratta di tecnologie che si intrecciano più volte in quello che sarà il futuro mercato elettrico, fatto di rinnovabili e anche di mobilità sostenibile. – afferma G.B. Zorzoli, portavoce del Coordinamento Free – La mobilità elettrica, inoltre, è un nuovo grande mercato per i paesi maturi che già viene percepito come tale sia dalle case automobilistiche, sia dai distributori elettrici. E in questo mercato l’accumulo giocherà un ruolo determinante».

Lo sviluppo dell’accumulo, quindi, sembra essere un denominatore essenziale delle Smart Grid, in un panorama dove lavoreranno in tandem tutte le fonti distribuite con i consumi. Non è fantascienza, infatti, uno scenario nel quale le auto elettriche parcheggiate fungono da accumulo distribuito, bilanciando l’intermittenza delle rinnovabili, con la garanzia, magari, di poter utilizzare la cogenerazione distribuita come “paracadute”. E anche il mondo della finanza sembra crederci. Bloomberg, infatti, ha fissato come data del breakthrough per l’accumulo elettrochimico quella del 2017. Quattro anni, periodo che nel settore energetico significa praticamente domani e che è in linea con quello che è stato il trend del fotovoltaico. Nel 2007, infatti, chi avrebbe mai supposto che nell’estate 2013 sarebbero stati al lavoro 18 GWe di fotovoltaico in Italia? Nessuno nemmeno gli ecologisti più convinti.

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