Sindrome di Kawasaki: cos’è e sintomi
La sindrome di Kawasaki è una malattia infantile autoimmune caratterizzata da febbre prolungata, di gravità variabile (può provocare anche l'infarto).
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A Bergamo è esplosa con una potenza e una frequenza impressionanti: in soli due mesi dallo scoppio dell’epidemia si sarebbero registrati tanti pazienti bambini o adolescenti quanti se ne osservavano mediamente in diversi anni. Stesso discorso per l’Inghilterra ma una correlazione tra il Coronavirus e la Sindrome di Kawasaki non è ancora stata dimostrata. In un mese si sono registrati 10 casi, quando in un mese di solito se ne contano 3 e questo dato non può essere ignorato. La malattia di Kawasaki è una vasculite sistemica (in parole povere si tratta di un’infiammazione dei vasi sanguigni) che si osserva soltanto nell’età pediatrica e colpisce soprattutto i bambini più piccoli a partire da quelli ancora in culla.
Sindrome di Kawasaki: sintomi e cura
I sintomi della Sindrome di Kawasaki sono abbastanza comuni: febbre prolungata, esantema, congiuntivite, mucosite, linfoadenopatia cervicale e poliartrite: il decorso è variabile ma se diagnosticata in tempo con l’intervento degli specialisti può essere curata abbattendo i numeri legati alla mortalità. Solitamente esordisce con febbre spesso superiore a 38 °C, con andatura variabile nell’arco di un mese. All’alzarsi della temperatura gli occhi si arrossano, senza però presentare secrezioni. Entro 5 giorni, compare un’eruzione cutanea rossa, spesso disomogenea; in molti casi somiglia a morbillo o rosolia. Il bambino riscontra anche problemi alla gola, labbra spaccate, arrossate e secche, lingua color rosso fragola. Mani e piedi iniziano a gonfiarsi e i linfonodi del collo sono frequentemente ingranditi e poco dolenti. La malattia può durare da 2 a 12 settimane o più. Nei casi più gravi può portare ad un infarto del miocardio. L’infiammazione delle arterie coronarie con dilatazione e formazione di aneurismi si verifica nel 5-20% di tutti i casi.
Il trattamento consiste in un unico ciclo di immunoglobuline per via endovenosa e aspirina: a fare la differenza nel trattamento della malattia è la diagnosi quindi il consiglio è di portare i bambini dal pediatra al primo comparire dei sintomi soprariportati. Se avviato durante la fase acuta della malattia, il trattamento riduce la frequenza delle lesioni alle arterie coronariche a meno del 5%. Nonostante i dati interessanti correlati al Covid-19 non è ancora chiaro come le due patologie possano essere legate, ecco perché il Gruppo di Studio di Reumatologia della Società Italiana di Pediatria ha deciso di allertare la comunità pediatrica italiana sulla possibile insorgenza di una malattia di Kawasaki in bambini affetti da Covid-19 e di promuovere una raccolta dati per indagare il fenomeno e giungere presto ad una spiegazione. Solo il tempo saprà dare una risposta alle numerose domande sull’argomento.