Romania, uccidere i cani randagi è legge di stato
La Romania autorizza la soppressione dei cani randagi dopo appena tre giorni dalla cattura. Insorgono le associazioni ambientaliste, contraria anche l'UE
Tre giorni dopo la cattura i randagi potranno essere uccisi. Lo stabilirà una legge, approvata lo scorso 22 novembre dal Parlamento rumeno con 168 voti favorevoli e 111 contrari. A nulla sono valse le numerose proteste delle associazioni animaliste internazionali, che pur erano riuscite per mesi a rinviare la proposta di legge. Inutile anche l’appello dell’Unione Europea a dispetto di quell’articolo 13 del Trattato di Lisbona, che prevede il rispetto degli animali in virtù del loro status di “esseri senzienti”.
La giustificazione adottata dal Parlamento rumeno è quella di limitare un fenomeno dilagante come il randagismo, che può contare su 50.000 cani liberi nella sola capitale Bucarest. Mostrando uno spirito insensato quanto cinico, i rappresentanti politici rumeni hanno allestito un quadro che non lascia scampo ai randagi. Ufficialmente dovranno essere uccisi dopo tre giorni solamente quegli animali giudicati malati, aggressivi o pericolosi per la salute pubblica.
La domanda che viene quindi spontanea è: chi giudicherà il limite secondo cui stabilire se un animale debba essere giustiziato? La legge pone nelle mani dei sindaci pieni poteri decisionali non solo in base a questo, ma anche e soprattutto per quanto riguarda le modalità di soppressione: nulla è definito dal Parlamento, saranno i rappresentanti locali a scegliere le pratiche da mettere in atto.
Anche nel caso tuttavia che non venga valutato né malato e né aggressivo o pericoloso, per il randagio è prevista l’esecuzione dopo 30 giorni. A fermare il boia potrebbe essere solo una consultazione popolare, non meglio specificata nel testo. Anche coloro che volessero strappare un cane a morte certa, vedrebbero la strada dell’adozione tutta in salita.
A rendere più problematico adottare un randagio non sarebbero soltanto norme comprensibili come l’autorizzazione dei vicini e la verifica di idoneità, anche economica, dei futuri padroni, ma anche una tassa di adozione. Un provvedimento forse legittimo, ma che in un paese come la Romania, in cui la povertà è così largamente diffusa, potrebbe rappresentare un muro insormontabile per moltissime famiglie. Di fronte a casi come questo, difficile non tornare con la mente anche alla questione “Svizzera”, dove la legge autorizza i cittadini a sparare sui gatti randagi pur di controllarne la diffusione.
Intanto dure arrivano le reazioni del mondo animalista a cominciare dall’associazione “Four Paws” (Quattro zampe), che cita un rapporto diramato dall’OMS (WHO Expert Committee on Rabies, Eighth Report, Geneva 1992, Series No. 824, P. 31) riguardo la problematica legata alle possibili malattie trasmissibili attraverso il fenomeno del randagismo:
Non c’è nessuna evidenza scientifica del fatto che rimuovere i cani dalla strada abbia un impatto significativo nel ridurre la densità della popolazione canina o il diffondersi di malattie come la rabbia.
Molto critica nei confronti dei politici rumeni anche Sara Turetta, presidente di “Save the Dogs”, associazione che opera in Romania:
E’ una sconfitta per la classe politica romena che ha perso l’ennesima occasione per dimostrare di essere più europei di quanto fin’ora si sia creduto. Ma è anche una sconfitta per i cittadini romeni che vedranno sperperati milioni di fondi statali senza risolvere il problema.
Più di tutti riassume lo sdegno di tutto il mondo animalista Walter Winding, ex presidente della Federazione dei veterinari europei. Uccidere un animale in questo modo, sostiene Winding, non è affatto “eutanasia”:
Portare un animale alla morte senza una diagnosi veterinaria non è eutanasia bensì omicidio.