Il reflusso gastroesofageo è un disturbo abbastanza diffuso nella popolazione, sebbene nella maggior parte dei casi le persone sperimentino solo episodi sporadici. Quando la condizione risulta continua e cronica, tuttavia, la patologia può determinare degli importanti fastidi quotidiani, con una riduzione della qualità della vita. Fortunatamente, oggi è possibile tenere il reflusso sotto controllo per un’esistenza priva di particolari stress, ma quali sono i segnali da non sottovalutare?
Prima di cominciare, è bene ricordare come il reflusso gastroesofageo sia un disturbo potenzialmente invalidante tale da necessitare un continuo controllo, pertanto la diagnosi e il successivo percorso di cura spettano unicamente al medico e al gastroenterologo di fiducia.
Per reflusso gastroesofageo si intende la risalita nell’esofago dei succhi gastrici normalmente presenti nello stomaco e, naturalmente, necessari alla digestione. Di norma, la causa di tale risalita è dovuta a una ridotta tenuta del cardias, la valvola circolare che separa proprio lo stomaco dall’esofago.
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Nella maggior parte dei casi, si tratta di una riduzione di tono sporadica di questo anello, ad esempio a seguito di un pasto troppo abbondante, dopo l’assunzione di cibi grassi, nicotina e caffè, ma anche per un’eccessiva lentezza dello stomaco nel suo svuotamento. Spesso, tuttavia, la condizione potrebbe essere dettata da cause meccaniche che impediscono al cardias di chiudersi correttamente: senza pretesa di essere esaustivi, è ad esempio il caso dei pazienti affetti da ernia iatale.
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I sintomi possono essere i più svariati e comprendono:
La diagnosi avviene sia sui sintomi che tramite specifici esami, quali la gastroscopia, per verificare l’estensione del disturbo, nonché eventuali lesioni o modifiche della mucosa dell’esofago.
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Il percorso di cura, stabilito dallo specialista, comporta un cambiamento dello stile alimentare e di vita – evitando cibi che stimolano eccessivamente la produzione di succhi gastrici o eccitanti quali caffeina e nicotina – ma anche l’assunzione di specifici farmaci. Normalmente possono essere impiegati antiacidi, inibitori di pompa protonica o, ancora, anti-H2. Nei casi più gravi, può essere indicato anche un intervento chirurgico, per ripristinare le funzionalità del cardias ad esempio riducendo un’eventuale ernia.
La gran parte della popolazione ha sperimentato episodi sporadici di reflusso e, in assenza di continuità temporale, non dovrebbero risultare allarmanti, comunque sempre vagliando il parere del gastroenterologo. Quando il disturbo è prolungato si parla invece di malattia da reflusso (MRGE) vera e propria. Tuttavia non sempre il bruciore di stomaco è il primo dei sintomi, e di conseguenza i pazienti tendono ad associarlo ad altri comuni malesseri, ritardandone la diagnosi.
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Oltre a questi cinque segnali è bene ricordare come il peggioramento dei sintomi in posizione supina potrebbe certamente suggerire un disturbo da reflusso. In caso il cardias rimanga aperto, naturalmente rimanere sdraiati facilita il percorso dei liquidi dallo stomaco all’esofago. Indicato, di conseguenza, potrebbe essere dormire con il busto lievemente sollevato.
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