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Recupero acque piovane: normativa e impianti di raccolta

Il recupero delle acque piovane è una buona pratica di sostenibilità ambientale, anche per affrontare i cambiamenti climatici e i sempre più frequenti periodi di siccità. A livello normativo, la gestione delle acque meteoriche è gestito a livello regionale. Tuttavia, a livello nazionale viene stabilito che queste acque possono essere usate solo a scopi non potabili, come ad esempio l'irrigazione di orti, campi agricoli e giardini fioriti.

Recupero acque piovane: normativa e impianti di raccolta

Il recupero delle acque piovane è entrato, ormai da qualche anno a questa parte, nelle buone pratiche di sostenibilità ambientale. Con la morsa dei cambiamenti climatici, periodi di siccità sempre più intensi e una possibile riduzione dell’acqua dolce disponibile, è quanto mai indispensabile risparmiare e recuperare quanta più acqua possibile. Ma quali sono le normative in vigore per il recupero dell’acqua piovana e, soprattutto, come funzionano gli impianti di raccolta?

Quella del recupero dell’acqua piovana è una pratica che può svilupparsi su più livelli, dai semplici ritrovati casalinghi per l’irrigazione dell’orto fino a veri e propri impianti di tipo industriale. Di seguito, qualche informazione utile.

Cosa si intende per recupero delle acque piovane

Cisterna di acqua piovana
Fonte: Pixabaya

Per recupero delle acque piovane si intende l’insieme di pratiche e tecnologie volte al riutilizzo delle cosiddette acque meteoriche, ovvero quelle che cadono o sgorgano al suolo a seguito di fenomeni atmosferici. In parole più semplici, tramite appositi serbatoi si raccolgono le piogge, per poi impiegare l’acqua recuperata per l’irrigazione dei campi, la pulizia delle superfici, la gestione degli scarichi sanitari e altre necessità ancora.

La tendenza al recupero delle acque piovane ha trovato piede soprattutto negli ultimi anni, come risposta sostenibile sia ai cambiamenti climatici che come buona pratica per il risparmio idrico. In particolare, con periodi di siccità sempre più intensi, il ricorso alle acque piovane per l’irrigazione e altre finalità non igieniche o alimentari permette di risparmiare grandi quantità di acqua potabile.

Come già accennato, recuperare le acque meteoriche è possibile su più livelli, sia a livello domestico che industriale, a seconda delle normative vigenti.

I vantaggi del recupero delle acque piovane

Prima di entrare nel dettaglio normativo e pratico del recupero delle acque piovane, è utile parlare dei vantaggi di questa pratica sostenibile. I benefici di tecnologie sempre più diffuse di raccolta dell’acqua meteorica, infatti, non comprendono solo il risparmio idrico:

  • Diminuzione dei consumi di acqua potabile: come già precedentemente spiegato, l’impiego di acqua piovana per scopi non potabili limita gli sprechi proprio di acqua potabile;
  • Risparmio in bolletta: naturalmente, soprattutto a livello domestico, il riutilizzo dell’acqua piovana permette di calmierare la bolletta idrica;
  • Miglioramento del profilo idrogeologico: la raccolta delle acque piovane può essere anche un utile mezzo di prevenzione di alluvioni e allagamenti, poiché comporta il ripristino e l’adeguamento dei sistemi di drenaggio che, altrimenti, non sarebbero sottoposti a manutenzione.

La normativa sul riutilizzo dell’acqua piovana

A livello italiano, la gestione del recupero dell’acqua piovana è gestito perlopiù a livello regionale, così come stabilito dalla “Legge quadro per il riordino del regime di utilizzazione delle acque pubbliche” del 1991, che conferisce proprio alle Regioni il potere di regolamentare il riutilizzo delle acque piovane. A questa legge seguono altri interventi normativi, come il Decreto Legislativo 152 del 1999 e il Decreto Legislativo 152 del 2006, dove viene specificato che le Regioni, al fine di prevenire rischi idraulici e ambientali, definiscono:

  • il controllo degli scarichi delle acque meteoriche di dilavamento;
  • le prescrizioni e le autorizzazioni relative all’impiego delle acque meteoriche di dilavamento.

Verificate, quindi, le varie disposizioni a livello regionale, per la costruzione degli impianti – sia domestici che industriali – il riferimento è quello al Testo Unico per l’Edilizia. Quest’ultimo è stato aggiornato nel corso del 2023, per effetto del Decreto Siccità, per permettere l’installazione di vasche di raccolta dell’acqua piovana fino a 50 metri cubi senza la necessità di ottenere specifici permessi.

I principi generali delle normative

Serbatoio d'acqua
Fonte: Unsplash

Proprio poiché la questione è gestita perlopiù a livello regionale, prima di procedere al recupero delle acque meteoriche è necessario informarsi adeguatamente, per verificare la necessità di ottenere autorizzazioni specifiche. In linea generale, vi sono alcuni principi che sono validi pressoché ovunque:

  • l’utilizzo di acque di recupero è di solito concesso per scopi non potabili: l’irrigazione di orti e giardini, la pulizia delle superficie esterne e via dicendo. Non è invece ammesso il consumo alimentare o igienico;
  • possono essere stabiliti dei limiti quantitativi massimi di raccolta, sempre a livello regionale, per evitare un eccessivo sfruttamento delle risorse idriche;
  • i sistemi di raccolta non devono essere in contrasto con le normative ambientali vigenti e, soprattutto, devono essere progettati affinché siano a ridotto impatto ambientale.

Ancora, è utile anche segnalare la norma UNI/TS 11445, del 2012, che definisce gli standard tecnici per gli impianti di raccolta e utilizzo dell’acqua piovana, in termini di progettazione, installazione e manutenzione.

Le tipologie di impianti di raccolta

Come facile intuire, la raccolta e il riutilizzo delle acque piovane può avvenire nei più svariati modi e non tutti richiedono un preciso intervento normativo. È, ad esempio, il caso delle piccole soluzioni fai da te per recuperare acqua da destinare alla cura del giardino, che solitamente non richiedono autorizzazioni specifiche. Di seguito, le tipologie di impianti più comuni.

Piccole soluzioni fai da te

Recupero domestico acqua piovana
Fonte: Pixabay

Il modo più elementare e veloce per recuperare l’acqua piovana a livello domestico è, come facile intuire, quello di affidarsi di piccole soluzioni fai da te. Ad esempio, molti predispongono in giardino delle botti di legno o di plastica, per raccogliere l’acqua delle precipitazioni allo scopo di annaffiare l’orto o le piante in giardino.

Queste soluzioni non richiedono autorizzazioni specifiche, date le loro piccole dimensioni e l’assenza di strutture elaborate o cisterne, e sono molto facili da realizzare. Basta appunto recuperare un bidone o una botte, prevedere sull’apertura una copertura in rete dalle maglie strette per evitare l’accumulo di foglie o altri detriti e attendere che la natura faccia il resto.

Impianti domestici di raccolta

A un livello superiore vi sono gli impianti domestici di raccolta, soluzioni ovvero più elaborate che, a seconda delle regioni, potrebbero appunto richiedere specifiche autorizzazioni. Nella pratica, si tratta di installare appositi serbatoi di raccolta e un piccolo sistema di distribuzione, sempre per l’uso non potabile di queste acque.

Le più comuni tipologie d’impianto si distinguono in:

  • impianti con serbatoio o cisterna esterna;
  • impianti con serbatoio o cisterna interrata.

Le capacità, a seconda delle soluzioni presenti sul mercato, possono arrivare anche a 5.000 litri totali di acque raccolte. Come precedentemente specificato, per effetto del Decreto Siccità, le vasche di raccolta inferiori ai 50 metri cubi e destinate all’uso agricolo non richiedono particolari autorizzazioni.

Impianti industriali o pubblici per le acque piovane

Infine, a livello industriale oppure pubblico, possono essere previsti impianti di notevoli dimensioni, per la raccolta sia delle acque piovane che di dilavamento. Questi, ovviamente soggetti ad autorizzazioni date le dimensioni e il possibile impatto ambientale, possono comprendere:

  • grandi cisterne o bacini di raccolta;
  • sistemi di filtraggio e, se necessario, di depurazione;
  • canali e reti di distribuzione.

Anche in questo caso, l’uso rimane strettamente destinato a consumi non potabili, come l’irrigazione, la pulizia delle strade o necessità varie a livello industriale.

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