Privatizzazione acqua pubblica nel decreto crescita: intervista a Pecoraro Scanio
Alfonso Pecoraro Scanio mette in guardia dal tentativo di privatizzare l'acqua pubblica nelle Regioni del Sud, violando le volontà referendarie.
Fonte immagine: Foto di Katja Just da Pixabay
Il 13 giugno 2011 la grande vittoria del referendum sull’acqua pubblica, contro le privatizzazioni, portò oltre 25 milioni di Italiani a schierarsi in modo netto. Alfonso Pecoraro Scanio già come ministro nel governo Prodi dal 2006 firmò uno dei pochi provvedimenti per l’acqua pubblica, inaugurò la sua esperienza di ministro ricevendo appena insediatosi padre Zanotelli e poi il primo Ministro della Bolivia, si scontrò con la collega Lanzillotta per bloccare le privatizzazioni e anche da presidente della fondazione Univerde partecipò poi alla raccolta firme e alla campagna referendaria promossa, tra gli altri, proprio da Rosario Trefiletti e padre Zanotelli.
Pecoraro Scanio, che fine hanno fatto le indicazioni referendarie?
Dal 2011 i tentativi dei vari governi sono sembrati puntare più ad aggirare la volontà popolare che rispettarla. Nelle scorse settimane ho rilanciato il tema della difesa delle fonti dai rischi di privatizzazione durante il convegno legato al concorso “Obiettivo Acqua” realizzato dalla fondazione Univerde con Coldiretti e l’Anbi che rappresenta i consorzi di bonifica. L’acqua sarà sempre più una risorsa preziosa specie in pieno #climatechange. Dopo un maggio super piovoso siamo, come ci avvisavano gli esperti, in pieno clima torrido e avremo in estate un forte rischio siccità specie al Nord dove non esistono invasi per raccogliere le acque.
Quando nel settembre 2007 dalla conferenza sul clima organizzata dal governo lanciai la proposta un elenco misure di adattamento ai cambiamenti climatici fui attaccato. Oggi si capisce che avevo ragione.
Ma in questo giugno 2019 si rischia la privatizzazione delle fonti?
Oggi l’allarme dei movimenti per l’acqua e di chi firmò il quesito referendario da Rosario Trefiletti a padre Alex Zanotelli paventa il rischio che nel decreto crescita si dia esecuzione alla volontà del governo Gentiloni di una privatizzazione di fatto che trasforma l’ente che controlla le fonti del sud in una Società per Azioni, anche se a totale capitale pubblico. Questo, in realtà, è il primo passo verso una reale e completa privatizzazione.
Paolo Carsetti, segretario del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, commentando le previsioni dell’articolo 24 del decreto crescita, che completerebbe il processo di liquidazione dell’Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia, Eipli. Lei cosa ne pensa?
È una decisione che viene da lontano, dai governi di centrodestra e centrosinistra, ma è assurdo se questo governo dovesse condividerla perché al governo c’è M5S che ha fatto dell’acqua pubblica una delle 5 stelle . E gli attuali legislatori sanno che trasformare un Ente che gestisce le grandi fonti del Sud in una Spa, seppure oggi prevedendola totalmente in mani pubbliche, crea esattamente quella premessa perché una necessità economica o un cambio di governo possano portare alla vendita alle multinazionali dell’acqua di quote o anche della totalità delle azioni.
Anche giuristi come Paolo Maddalena hanno dato l’allarme. Cosa pensa possa accadere?
Spero si cancelli subito questa decisione anche perché, se dovesse passare questa privatizzazione, ho sentito che Rosario Trefiletti ha già annunciato il deposito di un nuovo quesito referendario per abrogare questa norma. Come è accaduto per il finanziamento pubblico ai partiti o per il nucleare i cittadini italiani non hanno mai avuto timore di tornare al voto per ribadire la propria volontà quando il parlamento tradisce il verdetto referendario. Ma io ho fiducia che M5S e anche lo stesso Beppe Grillo sempre attento e presente sul tema acqua pubblica possano imporre a tutto il governo un scelta senza dubbi.