Le piante che salvano il pianeta: alberi e foreste contro l’inquinamento nelle città
Quando si pensa alle piante anti inquinamento, di solito alla mente balzano numerose specie utili a depurare l'aria di casa. Eppure ci sono moltissime piante che sono perfette per limitare l'inquinamento esterno, assorbendo anidride carbonica e altri inquinanti. Degli alberi indispensabili per limitare i cambiamenti climatici in atto, da riscoprire e coltivare anche in ambienti urbani, dove la morsa dell'inquinamento è più elevata.
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Quali sono le piante anti-inquinamento, capaci di assorbire le maggiori quantità di CO2 e di COV, ovvero di composti volatili organici? Si parla spesso di piante dalle grandi proprietà depuranti per l’aria, scelte perlopiù per la coltivazione in casa, così da rendere gli ambienti domestici più salubri. Eppure, l’obiettivo di rendere l’aria meno afflitta da smog e sostanze dannose per la salute deve essere perseguito anche all’esterno, anche come strategia di adattamento ai cambiamenti climatici.
Esistono infatti molte specie di alberi che, se coltivati in aree particolarmente inquinate, possono fare davvero la differenza. In particolare proprio nell’assorbire l’anidride carbonica, il principale gas climalterante oggi esistente, e limitare l’azione di altri inquinanti chimici come appunto i COV, i metalli pesanti, il biossido di azoto e molti altri ancora. Di seguito, le cinque varietà di piante anti-inquinamento da riscoprire.
Acero riccio: la principale arma contro la CO2
Fra le diverse piante in grado di trattenere grandi quantità di CO2, spicca sicuramente l’acero riccio. Noto come Acer platanoides, e appartenente alla famiglia delle Sapindacee, trova larga diffusione in gran parte dell’Europa centrale, meridionale e orientale, dove trova climi sufficientemente umidi per poter crescere rigoglioso.
Grazie alla sua buona altezza, di circa una ventina di metri, e le sue foglie dalle generose dimensioni, questa pianta è spesso scelta per creare delle zone d’ombra sia in città che fuori dai contesti urbani, dove limita l’innalzamento eccessivo delle temperature, soprattutto in estate. Non tutti sanno, però, che un singolo acero riccio è in grado di assorbire più di 3.800 chili di CO2 nell’arco di 20 anni e, fatto non da poco, anche moltissime sostanze chimiche dovute all’inquinamento cittadino.
Piante anti inquinamento: le foreste di bambù
Il bambù è una pianta dalle mille proprietà, nota sin da tempi antichissimi soprattutto in Asia. D’altronde, questo vegetale può essere impiegato in moltissimi modi: è un resistente materiale per costruzioni e, fatto non meno importante, dalle sue fibre si possono ricavare carta e tessuti. E considerando come la sua crescita sia davvero velocissima, rende più sostenibili le necessità dell’uomo, con un ricambio continuo delle foreste.
Non tutti sono forse a conoscenza del fatto che il bambù è anche una pianta dalle ottime capacità di assorbimento degli inquinanti. Un singolo bambù in 20 anni può assorbire fino a 600 kg di CO2 e, considerando che le foreste di bambù sono composte da migliaia di esemplari, i vantaggi sono davvero inestimabili. È però altrettanto vero che molte specie di bambù richiedono quantità rilevanti di acqua per poter crescere rigogliose, quindi la coltivazione è più indicata in quei luoghi dall’elevata umidità.
Ginkgo Biloba: il fossile vivente anti inquinamento
Il Ginkgo biloba è uno degli alberi più antichi, tanto che i primi esemplari risalgono a più di 250 milioni di anni fa. Proprio per questa ragione, viene identificato come un fossile vivente, nato in epoca preistorica e giunto praticamente inalterato fino ai giorni nostri. Molto amato in Asia, dove se ne coltivano le più svariate varietà, è giunto ormai da secoli anche in Europa perlopiù come pianta ornamentale, date le sue splendide foglie. Ancora, dalla pianta se ne ricavano degli estratti energizzanti, utilizzati per la produzione di integratori.
Questo fossile vivente è anche utile per combattere il rilascio di CO2 in atmosfera, così come di COV e altri inquinanti ambientali. Un singolo esemplare assorbe in 20 anni ben 2.800 chilogrammi di anidride carbonica e, fattore questo davvero interessante, è una delle piante maggiormente impiegate per trattenere le polveri sottili, in particolare i PM 10 e i PM 2.5.
Piante anti inquinamento: la betulla verrucosa
La betulla verrucosa, nota con il nome botanico di Betula pendula, è una delle piante più comuni sullo Stivale e in gran parte d’Europa. Si caratterizza per il suo tronco bianco, che si sfalda in strati sottili fino a far emergere un legno grigiastro: proprio a questa caratteristica deve il suo nome. Molto resistente anche ai climi più freddi, e capace di crescere anche su terreni non particolarmente ricchi di sostanze nutritive, questa pianta è usata anche in edilizia, in cosmetica e in farmaceutica.
Un singolo esemplare di betulla verrucosa può assorbire, nell’arco di 20 anni, fino a 3.100 chilogrammi di anidride carbonica. La sua singolare corteccia, inoltre, sembra sia in grado di trattenere e disgregare alcuni elementi chimici inquinanti, come la formaldeide.
Cerro: l’antismog dagli Appennini
Con i suoi 35 metri d’altezza e le sue grandi foglie, il cerro – ovvero il Quercus cerris – è da sempre una pianta molto apprezzata per rinfrescare e creare zone d’ombra. Molto diffuso in Italia, in particolare sugli Appennini, negli ultimi anni ha rivelato di possedere delle ottime proprietà anti-smog, che ne hanno spinto una coltivazione sempre più frequente anche in città.
Un singolo albero di cerro può assorbire anche 3.200 chilogrammi di anidride carbonica nell’arco di un ventennio, rappresentando così un alleato più che valido per il contrasto ai cambiamenti climatici. Inoltre, le sue foglie trattengono anche metalli pesanti e altri inquinanti, come i già citati COV.