PFOA: cos’è, dove si trova e rischi per la salute
Il PFOA, o acido perfluoroottanoico, è un composto chimico utilizzato nella produzione di vari prodotti di consumo, in primis, i rivestimenti antiaderenti di pentole e padelle ed i tessuti impermeabili. Può contaminare l'acqua, il suolo e l'aria, e comportare rischi per la salute umana - grazie anche alla capacità che ha di permanere a lungo dopo il rilascio - dovuti alla correlazione esistente tra tale sostanza e il cancro nell'uomo.
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Il PFOA, sigla utilizzata per intendere l’acido perfluoroottanoico, è un composto che da sempre crea allarme per i rischi a discapito della salute ad esso associati. Anche in considerazione del suo ampio utilizzo nella produzione di una vasta gamma di prodotti industriali e di consumo, come rivestimenti antiaderenti, tessuti impermeabili, schiume antincendio e materiali per imballaggi alimentari. In questo articolo ci occupiamo di approfondire dove si trova e quali possibili conseguenze può comportare sul nostro benessere.
Cos’è il PFOA
Abbiamo detto che si tratta dell’acido perfluoroottanoico, noto anche con la sigla C8. E’ classificato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro in classe 2B (nella lista delle sostanze considerate come possibilmente cancerogene per l’uomo). Insieme al PFOS (acido perfluoroottansulfonico) appartiene alla famiglia delle sostanze organiche perfluoroalchiliche (PFAS). Entrambi sono composti non esistenti in natura che vengono prodotti dall’uomo. L’acido perfluoroottanoico viene generalmente impiegato in alcune fasi della produzione del politetrafluoroetilene.
Quest’ultimo, sostanza composta da carbonio e fluoro più comunemente nota con alcuni nomi commerciali (Teflon su tutti), è, così come riporta il sito dell’AIRC, “inerte, ovvero non reagisce con altre sostanze chimiche, non è infiammabile, non conduce elettricità e rimane stabile fino a temperature molto elevate (vicine ai 300 gradi)”. Caratteristiche, queste, che ne hanno decretato la popolarità. Se il politetrafluoroetilene di per sé – e come chiarito dall’American Cancer Society – non è cancerogeno e non contamina i cibi così come lo si usa comunemente, il PFOA lo è.
E’ importante chiarire come l’uso delle pentole antiaderenti non sia pericoloso in senso assoluto e come, negli ultimi decenni, il PFOA non venga più utilizzato nella loro produzione come un tempo. Tuttavia, per completezza di informazioni, bisogna sapere che dei rischi per la salute ci sono, e sono dovuti ad un uso non attento di tali tegami. Per scongiurarli, bisognerebbe evitare che vengano usati a temperature troppo elevate e che se ne mantenga la superficie integra. I composti appartenenti alla famiglia dei PFAS, infatti, hanno l’inconveniente di rimanere a lungo nell’aria (e non solo) dopo il rilascio. Sono chimicamente stabili nell’ambiente e resistono ai comuni processi di degradazione. Così, permangono anche nel suolo e nell’acqua.
Dove si trova il PFOA
L’uomo lo produce per poterne sfruttare la capacità di aumentare la resistenza alle alte temperature, grassi e acqua. A vantaggio di pentole antiaderenti, tessuti, tappeti, schiume antincendio ed altro. Si trova, in particolare, nei rivestimenti antiaderenti di pentole e padelle, nei tessuti impermeabili per abbigliamento e mobili, nelle vernici, nelle carte e imballaggi oleorepellenti e idrorepellenti (come la carta oleata). Ne fu fatto un largo uso durante la seconda guerra mondiale per rivestire e proteggere le attrezzature militari. Oggi lo si trova anche nei prodotti antincendio, come schiume ed equipaggiamenti, all’interno di guarnizioni, filtri e valvole, nei tessuti sintetici altamente impermeabili e traspiranti e, in ambito medico, in teli e camici chirurgici in tessuto non-tessuto, in alcune tipologie di impianti dentali o nelle protesi vascolari a base di PTFE espanso.
PFOA, rischi per la salute
Tornando ai rischi del PFOA per la salute, questi sono stati provati da una serie di studi condotti in merito. Ad iniziare da quello effettuato dall’EPA, l’Agenzia per la protezione ambientale statunitense, che ha suggerito un possibile legame causale tra PFOA, PFOS e cancro. O quello dell’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) che, nel 2021, ha reso note le prove disponili a sostegno di tale correlazione. Correlazione provata negli animali esposti a dosi prolungate ed elevate che, nell’uomo, dovrebbe essere interpretata con cautela.
E’ nel 2016 che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), ha inserito il PFOA nel già citato gruppo 2B. Dai dati oggi a disposizione, così come riporta il Ministero della Salute, si evince che “un maggiore livello ematico di PFOA e PFOS possa essere associato ad un aumento di livelli di colesterolo nel sangue, di acido urico ed ad un aumentato rischio di pressione alta”. Ad essere maggiormente colpito da tali sostanze sarebbe il fegato. Anche il Ministero conferma una possibile correlazione tra l’esposizione a PFOA e PFOS e il cancro nell’uomo. E, come sopra, invita a tenere conto delle “incertezze sulla rilevanza per l’uomo nel modo in cui tali sostanze inducano il tumore nell’animale”.
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