Perché gli allevamenti intensivi inquinano?
Gli allevamenti intensivi inquinano principalmente a causa delle elevate densità di animali, che generano grandi quantità di deiezioni contenenti metano e ammoniaca. La produzione di mangimi richiede vasti terreni e risorse e per questo porta alla deforestazione e all'uso eccessivo di acqua e fertilizzanti. Inoltre, il trasporto di animali e prodotti animali comporta emissioni di carbonio. Tutto ciò contribuisce negativamente all'impatto ambientale sull'aria, l'acqua e il suolo.
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Gli allevamenti intensivi svolgono un ruolo cruciale nell’approvvigionamento di carne, latte e uova in tutto il mondo per soddisfare la crescente domanda alimentare della popolazione globale. Ma non sono privi di “effetti collaterali”: oltre che l’estrema sofferenza e le pessime condizioni nelle quali gli animali sono costretti a vivere, c’è anche la devastante conseguenza dell’impatto ambientale che esercitano. In questo articolo approfondiamo come e perché gli allevamenti intensivi inquinano e perché il loro impatto è rilevante per il cambiamento climatico.
Cosa sono gli allevamenti intensivi?
Prima di entrare nel vivo della questione, è bene approfondire in cosa consistono. Gli allevamenti intensivi costituiscono un metodo di produzione agricola che si caratterizza per l’alta densità di animali o coltivazioni all’interno di uno spazio relativamente ristretto. Si tratta di approccio sviluppato per massimizzare la produzione di prodotti animali, di origine animale o agricoli in genere riducendo al minimo i costi operativi e aumentando l’efficienza.
Proprio per tali caratteristiche, ad essi sono legate sempre più crescenti preoccupazioni relative, oltre al benessere animale e all’impatto ambientale, anche alla salute pubblica. Le condizioni stressanti nelle quali sono mantenuti gli animali possono portare a problemi di salute, e l’uso massiccio degli antibiotici può contribuire alla diffusione di batteri resistenti a questi ultimi. Vediamo come influisce negativamente l’allevamento intensivo sull’ambiente.
Perché gli allevamenti intensivi inquinano?
Cosa provocano gli allevamenti intensivi? Tale modello di produzione comporta una serie di impatti ambientali negativi, ad iniziare dal consumo di risorse idriche. Gli animali richiedono notevoli quantità di acqua per l’abbeveraggio e la pulizia dei locali. Inoltre, producono enormi quantità di rifiuti organici, che spesso finiscono per contaminare le risorse idriche sotterranee e superficiali danneggiando di fatto gli ecosistemi acquatici e minacciando la qualità dell’acqua per l’uso umano.
Non solo: la sempre più massiccia richiesta di terreni per l’allevamento ha portato alla deforestazione di vaste aree di foresta pluviale, causando la perdita di biodiversità e la liberazione di grandi quantità di carbonio nell’atmosfera. Infine, l’emissione di gas nocivi come ammoniaca e metano nell’atmosfera (il sistema digestivo degli animali li produce durante la digestione) contribuiscono all’inquinamento dell’aria.
Quanto inquinano gli allevamenti intensivi?
Quando si valuta l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi, sono numerosi i fattori che bisogna tenere in conto e che vanno ben oltre le sole emissioni generate all’interno delle strutture destinate all’allevamento. Questi includono anche la coltivazione e la produzione di mangimi per il bestiame, che a loro volta richiedono terreni agricoli, acqua, fertilizzanti e pesticidi. Processi che portano inevitabilmente a emissioni di gas serra, alla perdita di biodiversità e alla degradazione del suolo. Da non sottovalutare la deforestazione, che contribuisce alle emissioni di carbonio dovute alla perdita di copertura forestale. C’è anche il trasporto degli animali tra le diverse fasi della catena alimentare, che comporta emissioni legate all’uso di veicoli a motore e alla logistica associata. Così come le loro deiezioni, altamente inquinanti, ricche di azoto, fosforo e potassio.
Il settore agricolo, l’allevamento in maniera particolare, sono i principali emettitori di ammoniaca e metano in Europa. Ecco qualche dato in merito alle percentuali riportato sul sito della FAO:
- Le emissioni totali derivanti dal bestiame a livello globale sarebbero pari a 7,1 gigatonnellate di CO2 equivalenti all’anno, ovvero il 14,5% di tutte le emissioni di gas serra di origine antropica.
- La produzione e la lavorazione dei mangimi (il 45% delle emissioni totali) e la fermentazione enterica dei ruminanti (39%) sono le due principali fonti di emissioni.
- Il consumo di combustibili fossili lungo le catene di approvvigionamento rappresenta circa il 20% delle emissioni del settore zootecnico.
- Le intensità delle emissioni variano da prodotto a prodotto. I valori più elevati riguardano la carne bovina, seguita dalla carne e dal latte di piccoli ruminanti. Intensità di emissione medie globali minori sono quelle determinate dal latte vaccino, dai prodotti a base di pollo e carne di maiale
- Infine, il 44% circa delle emissioni del bestiame sono sotto forma di metano (CH4). Seguono protossido di azoto (N2O, 29%) e anidride carbonica (CO2, 27%).
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