Morbo di Crohn: sintomi, diagnosi e cure
Il Morbo di Crohn è una debilitante malattia a carico dell'apparato digerente, in particolare dell'intestino: di origine autoimmune, causa sintomi dolorosi.
Negli ultimi tempi si parla sempre più spesso del Morbo di Crohn, detto anche semplicemente Malattia di Crohn, ovvero una patologia al carico dell’apparato digerente. Si stima che dei 100.000 italiani affetti da disturbi infiammatori di stomaco e intestino, circa il 30-40% sia affetto proprio da questa sindrome. Quali sono le sue caratteristiche, quali i sintomi, la diagnosi e le cure?
Il morbo di Crohn, noto anche come enterite regionale, è una patologia infiammatoria cronica dell’intestino, anche se può colpire qualsiasi altra area dell’apparato digerente dalla bocca all’ano. I tessuti coinvolti sono solitamente infiammati e ulcerosi, con lesioni anche profonde e sintomi molto debilitanti. La causa è solitamente autoimmune – ovvero è il proprio sistema immunitario che attacca la parete intestinale o gli altri tessuti coinvolti – sebbene cosa scateni la malattia non sia ancora del tutto chiaro. Sarebbe stata però rilevata una precisa predisposizione genetica, tanto che non è raro il morbo si presenti in più individui della stessa famiglia. Scoperta dal gastroenterologo statunitense Burrill Bernard Crohn nel 1932, tende a manifestarsi principalmente tra i 20 e i 30 anni e, non ultimo, tra i 50 e i 70. Questo non esclude, però, possa apparire in qualsiasi momento della propria vita.
Sintomi e diagnosi della Malattia di Crohn
I sintomi del morbo di Crohn sono molto variegati – poiché dipendono dalla sua localizzazione – e possono inizialmente essere lievi tanto da non allarmare il paziente, il quale spesso si convince di soffrire di banale mal digestione o di aver contratto qualche gastroenterite passeggera.
Generalmente l’infiammazione è concentrata sull’ileo, ovvero la parte terminale dell’intestino tenue. Può spesso coinvolgere il colon e, meno frequentemente, retto, duodeno e stomaco. Il disturbo tende a propagarsi ai tessuti vicini, come ad esempio ai linfonodi, e la capacità di necrotizzare i tessuti può portare alla formazione di fistole, praticamente dei canali innaturali che possono contaminare vescica, vagina o altri organi. Senza pretesa di essere esaustivi, poiché la definizione della patologia spetta unicamente al gastroenterologo, i sintomi più comuni si possono riassumere nell’elenco seguente. Va comunque sottolineato come non sempre si presentino contemporaneamente, quindi anche solo la manifestazione di uno dei disagi dovrebbe spingere all’accertamento medico:
- febbre, spesso immotivata e persistente;
- dolore e gonfiore, soprattutto sul lato destro dell’addome;
- diarrea frequente, con feci acquose;
- sangue occulto nelle feci, da verificare con le analisi di laboratorio;
- mancanza d’appetito e dimagrimento;
- stanchezza generale e dolori articolari;
- sensazione di stomaco chiuso o di corpo estraneo nel retto.
Come è facile comprendere, i sintomi possono essere comuni a una lunga varietà di altre patologie – dalla già citata gastroenterite alla sindrome del colon irritabile, passando per le intolleranze alimentari e il reflusso gastroesofageo – quindi è necessario sempre affidarsi a personale esperto per la corretta diagnosi.
Gli accertamenti partono dall’anamnesi dei sintomi del paziente, quindi vengono confermati con la diagnostica per immagini. Solitamente si utilizzano strumenti endoscopici per vagliare le condizioni dell’apparato digerente raggiungibili, quindi per effettuare biopsie da analizzare in laboratorio. Quando l’area affetta non è invece adatta all’endoscopia, si ricorre all’analisi radiologica. L’esame più comune è lo studio seriato del tenue, ovvero raggi con mezzo di contrasto. A volte può essere indicata anche la risonanza magnetica o l’enterotac, quindi anche l’ecografia. A livello di test di laboratorio, utile può essere l’indagine delle feci – soprattutto per la presenza di sangue occulto – e i normali prelievi del sangue, i quali indicheranno però solo uno stato infiammatorio e orienteranno la diagnosi verso la patologia autoimmune.
Morbo di Crohn: terapie e cure tipiche
Se non opportunamente trattato, il Morbo di Crohn può generare delle conseguenze particolarmente gravi, sia a livello intestinale che extraintestinale. Nel primo caso, si può verificare una stenosi o un restringimento dei tratti intestinali, i quali aumentano il rischio di imbattersi in un blocco. Non mancano poi fistole ed ascessi, molto pericolosi poiché possono aumentare il rischio di infezioni batteriche. Nella seconda ipotesi, invece, possono essere coinvolti i tessuti e gli organi vicini – ad esempio linfonodi, vescica, apparato genitale interno – con delle fistole che, collegando l’intestino a queste altre aree, possono pericolosamente trasferire materiale fecale e batteri. Per questo motivo è molto importante seguire le prescrizioni e i consigli del proprio specialista di fiducia, in modo da rendere più remote le possibilità di peggioramento.
La terapia potrebbe essere molto complessa e richiedere un particolare impegno nel paziente. Normalmente vengono somministrati cortisonici e immunosoppressori per interrompere l’attacco autoimmune, possono essere quindi abbinati antibiotici per limitare l’attacco dei batteri sui tessuti necrotizzati o esposti. È quindi consigliato smettere di fumare, poiché il vizio sembrerebbe esser direttamente correlato al peggioramento dei sintomi, e seguire un’apposita dieta che verrà presentata in un prossimo articolo. Non vi è accordo sul ricorso a rimedi naturali e fitoterapici, anche se i preparati normalmente lenitivi e antinfiammatori – camomilla, malva, boswellia, aloe vera – potrebbero essere d’aiuto. Siccome le caratteristiche dell’infiammazione variano fortemente da paziente e paziente, l’automedicazione è assolutamente sconsigliata: prima di assumere un prodotto naturale, si chieda sempre conferma al medico. Infine, la patologia potrebbe anche richiedere specifici interventi chirurgici, per la rimozione di quei tratti di intestino ormai gravemente compromessi.