Mascherine dalle fibre di banana: soluzione alla plastica
Mascherine biodegradabili dalle fibre della banana: è questa la scoperta che proviene dalle Filippine, per combattere l'inquinamento da plastica.
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Mascherine realizzate con le fibre della banana, per affrontare il problema della plastica. È questa l’importante iniziativa nata nelle Filippine, dove una particolare fibra ricavata dal gustoso frutto si è rivelata efficace nel ridurre la trasmissione del coronavirus, almeno quanto le soluzioni chirurgiche. Un’idea che potrà ridurre la pressione dei rifiuti in plastica sul mare, considerando come si tratti di mascherine completamente biodegradabili.
La fibra in questione si chiama Abaca e viene normalmente impiegata nelle Filippine per la produzione di banconote e bustine da tè. Presenta delle caratteristiche simili al poliestere ma è completamente biodegradabile, tanto che può degradarsi in circa due mesi se esposta agli agenti atmosferici.
Mascherine e banane: lo studio
Un recente studio sulla fibra, condotto dal Dipartimento della Scienza e della Tecnologia delle Filippine, ha dimostrato che questa fibra vede delle proprietà analoghe a quella delle mascherine sintetiche. La resistenza all’acqua è quasi simile a una N95, mentre la grandezza dei pori è del tutto equiparabile alle mascherine chirurgiche e ai limiti stabiliti dai Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti.
Kennedy Costales, rappresentante del consorzio delle fibre nelle Filippine, ha così commentato questa importante scoperta:
Con questa pandemia in corso, se tutti comprassimo mascherine sintetiche diventerebbero il primo rifiuto nelle discariche, richiedendo tanto tempo per la loro decomposizione. […] La fibra di Abaca sta rapidamente conquistando una grande popolarità, poiché i governi e i produttori in tutto il mondo stanno cercando delle alternative riutilizzabili ma sicure per dispositivi e accessori da consegnare agli operatori medici.
Le Filippine rappresentano il primo produttore ed esportatore al mondo di fibra di Abaca, conquistando circa l’85% del mercato. La produzione, dai dati raccolti dalla FAO, potrebbe valere ben 100 milioni di dollari entro la fine dell’anno. Il materiale, così come già ampiamente anticipato, è completamente ecologico, riciclabile e biodegradabile.
Fonte: Bloomberg