Malattia del graffio del gatto: sintomi, rischi, rimedi
La malattia del graffio del gatto è molto diffusa e può colpire l'uomo: ecco quali sono i sintomi, i rischi e i rimedi più efficaci.
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La malattia da graffio di gatto, nota anche come MGG o CSD dal termine inglese “Cat Scratch Disease”, è piuttosto comune e trova nel felino il veicolo di trasmissione dell’infezione da batteri Gram-negativi Bartonella henselae. I maggiori responsabili della diffusione sono i cuccioli solitamente sani, con sintomatologia del tutto assente: l’infezione può colpire sia i quadrupedi di casa che quelli randagi. Il contagio avviene attraverso un graffio o un morso, oppure tramite la saliva se la lingua del micio entra in contatto con una ferita umana: tendenzialmente, i più esposti sono i bambini più piccoli.
Storia
I primi cenni storici della malattia giungono dalla Francia nel 1889 grazie all’oculista Henri Parinaud, ma il primo a identificare nel gatto il vettore di trasmissione fu il batteriologo e pediatra francese Robert Debré, solo nel 1931. Il batterio colpevole del contagio è stato identificato nel 1985 da Diane Hensel, una tecnica del laboratorio di microbiologia dell’ospedale universitario di Oklahoma City (USA), che inizialmente lo battezzò con il nome di Rochalimaea henselae. Il Bartonella henselae è sicuramente il batterio più comune legato a questa infezione, ma in alcuni casi più rari sono stati intercettati anche l’Afipia felis e da Bartonella clarridgeiae, mentre l’infezione tra gatti invece è imputabile alla presenza e al morso della Ctenocephalides felis, meglio nota come pulce del gatto.
Sintomi
A distanza di 3-12 giorni, nell’area colpita dal morso o dal graffio si formerà un papula, ovvero un rigonfiamento dalla struttura solida con consistenza e colore variabili, ma che potrà presentare una crosta accompagnata saltuariamente da pustole purulente. Le lesioni cutanee verranno assorbite e spariranno lentamente, cedendo il passo all’ingrossamento e infiammazione dei linfonodi. Posso apparire fissi quindi divenire mobili fino a produrre pustole e cute arrossata, quelli maggiormente interessati sono gli ascellari, i cervicali e gli inguinali. Spesso il paziente mostra una condizione di malessere generale accompagnato da febbre, dolori articolari, cefalea, estrema stanchezza e, nei casi più rari vomito, perdita di appetito e peso, quindi ingrossamento della milza.
Cure
Il medico potrà effettuare una serie di test sierologici, PCR e biopsia ai linfonodi, anche se solitamente il decorso è spontaneo e la malattia si risolve in poche settimane. I sintomi risultano simili ad altre malattie come ad esempio toxoplasmosi, tubercolosi, sifilide e molte altre, per questo il medico dovrà effettuare una serie di esami incrociati che possano identificare nel graffio del gatto la causa del malessere. Come anticipato, non vengono seguite cure particolari, ma potrebbe risultare benefico l’utilizzo di antibiotici in particolare nei pazienti immunodepressi, in tandem con analgesici e l’applicazione locale di elementi sprigionanti calore. La prevenzione è la cura migliore come ad esempio disinfettare ferite e morsi, proteggere zone ferite ed escoriazioni, quindi eseguire la profilassi antiparassitaria per il gatto ed eventualmente verificare tramite esami se il quadrupede è portatore della malattia.
Rischi
In casi più rari la malattia può evolvere producendo condizioni mediche più complesse come l’encefalopatia e manifestazioni neurologiche quali la mielite, ma anche la sindrome oculoghiandolare di Parinaud, ovvero una forma di congiuntivite granulomatosa, la neuroretinite, il granuloma epatico, l’osteomielite, la polmonite atipica e, l’endocardite nei soggetti con precedenti di malattie cardiache valvolari. Nei soggetti immunodepressi non sono rari i casi di angiomatosi bacillare e peliosi bacillare. Al superamento della malattia nel corpo si stabilisce un’immunità permanente.