L’Italia ha approvato il Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici
L'Italia ha finalmente approvato il Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Ecco cosa prevede e cosa servirà per l'attuazione
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Ci sono voluti ben sei anni dalla prima bozza e quattro Presidenti del Consiglio che si sono succeduti, da Paolo Gentiloni a Giorgia Meloni, ma alla fine l’obiettivo è stato raggiunto: l’Italia ha approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, il PNACC, contenente 361 azioni rivolte ai sistemi naturali, sociali ed economici per rispondere alla sfida dei cambiamenti climatici che il mondo intero deve affrontare.
Il via libera è arrivato il 21 dicembre scorso con un decreto del Ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin col decreto n. 434. 106 pagine che si aprono con un dato di fatto: “I cambiamenti climatici rappresentano e rappresenteranno in futuro una delle sfide più rilevanti da affrontare a livello globale ed anche nel territorio italiano. L’Italia si trova nel cosiddetto “hot spot mediterraneo”, un’area identificata come particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici. Il territorio nazionale è, inoltre, notoriamente soggetto ai rischi naturali (fenomeni di dissesto, alluvioni, erosione delle coste, carenza idrica) e già oggi è evidente come l’aumento delle temperature e l’intensificarsi di eventi estremi connessi ai cambiamenti climatici (siccità, ondate di caldo, venti, piogge intense, ecc.) amplifichino tali rischi i cui impatti economici, sociali e ambientali sono destinati ad aumentare nei prossimi decenni“.
Il documento sottolinea fin da subito l’importanza dell’attuazione di azioni di adattamento nel territorio per far fronte ai rischi provocati dai cambiamenti climatici. La pianificazione di azioni adeguate, parola del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, necessita di:
- una base di conoscenza dei fenomeni che sia messa a sistema;
- un contesto organizzativo ottimale;
- una governance multilivello e multisettoriale
L’obiettivo del documento è quello di fornire un quadro di indirizzo nazionale per l’implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo possibile i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, a migliorare la capacità di adattamento dei sistemi socioeconomici e naturali, nonché a trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche.
Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici mette nero su bianco come si sono modificate nel tempo, in Italia, le precipitazioni, le temperature e l’umidità, con tanto di grafici e tabelle che rendono tutto di più semplice comprensione, a partire dal sistema nazionale di raccolta, elaborazione e diffusione dei dati climatici, SCIA, realizzato dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e alimentato in collaborazione e con i dati del Sistema Nazionale di Protezione dell’Ambiente (SNPA) e delle principali reti di monitoraggio distribuite sul territorio nazionale.
I cambiamenti climatici sono palesi, sia sul fronte della temperatura media a partire dal 1981 sia su quello delle precipitazioni, passando per il numero dei giorni più caldi e la siccità estrema, e il PNACC li affronta nel dettaglio, analizzando l’impatto sulla criosfera e la montagna, sulle risorse idriche e gli ambienti marini, ma anche sulle zone costiere e sul suolo più in generale, con un focus sul dissesto geologico, idrologico e idraulico.
Le 361 azioni previste dal piano sono state suddivise in tre principali categorie e ben esplicitate nel documento scaricabile a questo indirizzo:
- azioni di tipo non strutturale (soft): 274 azioni pari al 76% del totale, distribuite omogeneamente su quasi tutti i settori
- azioni basate su un approccio ecosistemico (green): 46 azioni pari al 13%, prevalentemente nel settore foreste
- azioni infrastrutturali e tecnologiche (grey): 41 azioni pari all’11% del totale, concentrate nel settore energia
Se possiamo gioire perchè un primo e importante passo è stato fatto, al momento si tratta di un piano sulla carta. Affinché queste azioni possano concretizzarsi servono risorse economiche che ad oggi non ci sono, come sottolineato da Legambiente: “Ora però ricordiamo al Ministro dell’ambiente e al Governo Meloni che per attuare il PNACC sarà fondamentale stanziare le risorse economiche necessarie e ad oggi ancora assenti, non previste neanche nell’ultima legge di bilancio, altrimenti il rischio è che il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici resti solo sulla carta“.
Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, ha così accolto l’approvazione del Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici:
L’Italia è sempre più esposta alla crisi climatica che avanza e all’intensificarsi degli eventi meteorologici estremi che nel 2023 sono arrivati a quota 378, +22% rispetto all’anno precedente. Per questo è fondamentale che metta in campo una chiara e decisa strategia di prevenzione attuando al più presto le 361 azioni individuate nel Piano, tra cui le aree e vasche di esondazione e i processi di rinaturalizzazione dei bacini idrografici e dei versanti pe ridare spazi ai fiumi, per far sì che la nostra Penisola conviva nei prossimi anni con l’emergenza climatica evitando così di rincorrere le emergenze. Solo per i danni delle due alluvioni che nel 2023 hanno colpito Romagna e Toscana, l’talia ha speso 11 miliardi di euro, ossia oltre un terzo della legge di bilancio 2024 appena approvata dal Parlamento. Risorse economiche, che con campagne di prevenzione e azioni di adattamento e mitigazione fatte per tempo, potevano essere in parte risparmiate. Per questo nei prossimi anni sarà importante anche intensificare le politiche territoriali di prevenzione e le campagne di sensibilizzazione sulla convivenza con il rischio, per far diventare il nostro Paese dal più esposto al centro del mar Mediterraneo a un esempio per gli altri.