Linfociti: valori alti e bassi, cosa sono e funzioni
I linfociti sono cellule molto importanti per la sopravvivenza dell'organismo umano, ecco cosa dobbiamo sapere e quali sono i valori di riferimento.
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I linfociti sono una componente essenziale del sistema immunitario. Parliamo in questo caso di cellule che difendono l’organismo da una noxa, termine che identifica un’aggressione dovuta a un agente esterno capace di alterare l’omeostasi del nostro organismo.
Dato il ruolo di assoluto primo piano nella difesa dell’organismo, i linfociti dovrebbero essere oggetto di un monitoraggio regolare. Ciò avviene attraverso le analisi del sangue, che possono essere prescritte dal proprio medico curante.
Cosa sono i linfociti
All’interno del sistema immunitario, i linfociti sono una particolare classe di globuli bianchi e rappresentano tra il 20 e il 40% dei leucociti presenti nell’organismo. Ne esistono differenti tipologie, ciascuna con peculiari ambiti di intervento: linfociti T e linfociti B, a cui si aggiungono le cosiddette cellule Natural Killer.
Linfociti T
Il tipo T è quello che si differenzia all’interno del midollo, per poi migrare nel timo (ghiandola posta di fronte alla trachea, nell’area del torace) che ne diviene sede produttiva principale. A sua volta i linfociti T si dividono in T helper e T citotossici.
Linfociti B
Veniamo ora ai linfociti B, la cui natura richiederà qualche parola in più. Innanzitutto occorre sottolineare che questi linfociti sono deputati alla cosiddetta risposta umorale. In estrema sintesi, i linfociti B si occupano di produrre gli anticorpi.
Come già indicato per i linfociti T, anche quelli B sono prodotti dopo la nascita dal midollo osseo. Nei feti la loro produzione è affidata al fegato.
In entrambi i casi dopo la produzione migrano dalla sede di “nascita” e vanno a localizzarsi in altre parti del corpo, come ad esempio milza, linfonodi o nel sangue. Ai linfociti B è affidata la produzione di immunoglobuline (anticorpi). Si tratta delle IgM, delle IgG, delle IgA e delle IgE.
A cosa servono i linfociti
I linfociti assolvono a funzioni di particolare importanza nella difesa dell’organismo dalle aggressioni esterne. Più precisamente però, a cosa servono i linfociti? La risposta sembra quasi dipingerli come efficienti e spietati soldati: riconoscono, neutralizzano e uccidono.
Senza accezione negativa in questo caso, considerato che i “nemici” del nostro organismo sono virus, batteri e tutti quegli agenti patogeni che possono minacciarne il buono stato di salute.
Agiscono inoltre nella formazione di una “memoria immunologica“, che consentirà di reagire più rapidamente e meglio alle future aggressioni di un patogeno già affrontato. Si tratta di un processo in varie fasi, che coinvolge sia i linfociti B che quelli T.
Il primo passo è l’individuazione di una noxa, che scatena un primo spostamento da parte dei linfociti B dal sangue verso il sito di infezione. Questo processo prende il nome di diapedesi e si verifica mediante segnali specifici noti come chemiotassi.
Una volta giunto nella sede d’infezione il linfocita B si lega all’agente estraneo inglobandolo. Successivamente lo degrada ed espone l’antigene sulla sua superficie legato al “complemento”, ossia una molecola di superficie propria del linfocita B. La formazione del complesso complemento-antigene fa si che il linfocita B subisca una trasformazione, diventando una cellula “presentante antigene”.
Cosa comporta questa modifica? Il legame che ne risulta richiamerà e attiverà i linfociti T e stimolerà la produzione di altri linfociti B. Questi ultimi si trasformeranno, nelle apposite sedi, in plasmacellule (cellule producenti anticorpi) e cellule della memoria.
Queste ultime rappresenteranno quel patrimonio di memoria immunologica che consente all’organismo di combattere malattie e agenti estranei penetrati al suo interno. Ogni qual volta l’organismo dovesse venire nuovamente a contatto con lo stesso agente eziologico, verso cui si è già attivata una prima risposta immunitaria, queste cellule si attiveranno generando difese ad hoc.
T helper e T citotossici
I linfociti T helper sono responsabili della risposta cellulo-mediata. Sono in sostanze delle cellule che attivano le altre cellule difensive dell’organismo amplificando la risposta immunitaria. Un compito più di “pulizia” quello assegnato ai linfociti citotossici, che si occupano di distruggere le cellule “alterate” colpite dalla noxa.
Natural Killer
Le cellule Natural Killer sono deputate al riconoscimento delle cellule tumorali e virali. Una volta identificate le uccidono e producono citochine infiammatorie, come ad esempio l’interferone, che richiamano nel sito le altre cellule del sistema immunitario. Si parla in questo caso soprattutto dei macrofagi, che fagocitano le cellule infette.
Linfociti alti
Queste cellule hanno dei riferimenti specifici in relazione alla loro concentrazione nel sangue. Per indicare i valori normali è stata elaborata la seguente formula:
- 1.5–3.5 x 109/l
Di solito il range assegnato a questi globuli bianchi oscilla tra 1.500 e 5.000/mm3. Si inizia a parlare di linfociti alti quando il valore supera il massimo indicato. Il termine medico in questi casi è linfocitosi. Si parla di linfocitosi assoluta quando i valori superano i 4.000/mm3.
Cause
Sono diverse le cause che possono portare a questa condizione. L’elenco delle principali comprende:
- Tumori del sangue come leucemia linfoblastica acuta (LLA), leucemia linfatica cronica (LLC), croniche, mieloidi, linfatiche o linfoidi;
- Malattie autoimmuni come, ad esempio, artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, tireopatie autoimmuni e vasculiti;
- Endocrinopatie (ipertiroidismo, morbo di Addison e tireotossicosi);
- Grave livello di disidratazione;
- Linfomi a carico di milza o linfonodi;
- Ipersensibilità a farmaci come eparina (un anticoagulante), minociclina (antibiotico utilizzato in dermatologia) o ad alcuni antiepilettici;
- Patologie del tessuto connettivo;
- Traumi fisici recenti;
- Malattie infettive acute (epatite virale, influenza, infezione da citomegalovirus, mononucleosi, morbillo, parotite, pertosse, varicella);
- Malattie infettive croniche (brucellosi, herpes genitale o labiale, infezioni focali, sifilide congenita o secondaria, tubercolosi).
Un segnale di malattia infettiva acuta può essere dato dalla contemporanea presenza, nei risultati delle analisi del sangue, di neutrofili bassi e linfociti alti. Un esempio di patologia corrispondente a tale quadro è la mononucleosi.
Quando preoccuparsi
Solitamente queste cellule raggiungono dei picchi di concentrazione nel sangue in corrispondenza di una malattia. Si tratta però di un comportamento normale e transitorio, che tende a regredire con il superamento della malattia.
Nel momento in cui tale incremento non risulti temporaneo, ma permanga nel tempo sarà opportuno indagare con esami più specifici. Affidarsi al proprio medico curante per eventuali dubbi o per essere indirizzati verso un bravo specialista è essenziale.
Linfociti bassi
Si delinea un quadro di linfociti bassi quando i valori nel sangue sono inferiori a quelli normali, solitamente al di sotto di 1.500/mm3. Si parla in questi casi di linfopenia o linfocitopenia.
L’organismo che presenta questa condizione è meno resistente di fronte alle aggressioni virali e tende a reagire in maniera meno efficace alle infezioni. Risulta più esposto anche al rischio tumorale.
Cause
Tra le cause di un valore troppo basso di queste cellule può essere la scarsa produzione da parte dell’organismo. Possibile anche che i linfociti vengano distrutti rapidamente da una malattia, anche di tipo autoimmune, o che risultino bloccati all’interno dei linfonodi. In generale le cause principali sono:
- La somministrazione di farmaci citostatici, cortisonici e chemioterapia;
- Miastenia;
- Linfoma di Hodgkin e altri tumori maligni;
- Insufficienza renale;
- Esposizione a radiazioni;
- Malattie autoimmuni, incluso il lupus eritematoso o l’artrite reumatoide;
- Sclerosi multipla.
Se dovesse verificarsi una contemporanea presenza di neutrofili alti e linfociti bassi allora il quadro potrebbe essere decisamente differente rispetto a quello ipotizzato a parti invertite. Non un’aggressione virale, quanto una più probabile infezione di tipo batterico.
Quando preoccuparsi
Occorre preoccuparsi nel caso in cui il deficit sia marcato oppure, come detto per i linfociti alti, la carenza non sia transitoria, ma duratura. In generale è consigliato indagare ulteriormente in presenza di un valore ematico inferiore a 1.000/mm3.
Linfociti bassi in gravidanza
Storia a sé per quanto riguarda la gravidanza. In questo caso il livello di linfociti può ridursi naturalmente a seguito dell’inizio della gestazione. Ciò servirà a garantire l’accettazione del feto da parte dell’organismo, evitandone il rigetto.