
La questione della frutta proveniente da Israele e dai territori palestinesi occupati continua a suscitare un acceso dibattito. Recentemente, una lettera giunta in redazione ha acceso i riflettori sulla vendita di avocado da parte della catena di discount Lidl, portando alla ribalta le preoccupazioni di alcuni consumatori.
La lettera sugli avocado israeliani
Un lettore, che si è identificato come un assiduo seguace delle tematiche legate all’alimentazione, ha espresso il suo disappunto riguardo alla presenza di avocado israeliani sugli scaffali di Lidl. Nella sua missiva, ha fatto riferimento alle precedenti discussioni riguardanti la frutta venduta da altre catene come NaturaSì, Coop ed Esselunga, sottolineando che anche Lidl non è esente da questo problema. Sebbene il supermercato offra anche avocado biologici siciliani, il lettore non considera sufficienti le giustificazioni fornite dalle varie catene di distribuzione.
L’autore della lettera ha messo in evidenza l’importanza di evitare l’acquisto di prodotti coltivati in Cisgiordania, un territorio che considera occupato illegalmente da Israele. Secondo il suo punto di vista, il mondo sta lentamente orientandosi verso valori più etici e giusti, e l’atto di non comprare prodotti da terre occupate rappresenta un segno di rispetto. Ha anche sollevato una provocatoria domanda: se Lidl e altre catene metterebbero mai in vendita prodotti provenienti da territori ucraini occupati, come il Donbass.
Israele e l’occupazione dei territori palestinesi
Un articolo recente pubblicato su Haaretz, uno dei quotidiani più rispettati di Israele, ha messo in luce la situazione attuale nei territori occupati, in particolare in Cisgiordania. Il pezzo, ripreso anche da Internazionale, sottolinea come, mentre l’attenzione globale è rivolta alla Striscia di Gaza, la Cisgiordania sta vivendo una “gazificazione” silenziosa.
Secondo l’articolo, sono in corso sgomberi forzati di palestinesi, modifiche delle regole d’ingaggio e demolizioni di abitazioni e infrastrutture. L’Autorità nazionale palestinese ha riportato che circa trentamila persone hanno già abbandonato i campi profughi nella regione. Nonostante le affermazioni di Tel Aviv riguardo l’assenza di un piano per allontanare la popolazione palestinese, le testimonianze raccolte a Jenin e Tulkarem raccontano di una partenza massiccia dei residenti, spinti da coprifuochi, aggressioni, cecchini e dalla devastazione delle loro abitazioni.
Le nuove regole d’ingaggio, che ora consentono ai soldati israeliani di aprire il fuoco contro chiunque venga considerato una minaccia, contribuiscono a creare un clima di paura e insicurezza. Le interruzioni di elettricità e acqua, insieme alla distruzione generalizzata, aggravano ulteriormente la situazione, costringendo le persone a lasciare le loro case “volontariamente”.
Questo contesto complesso e delicato continua a suscitare preoccupazioni e interrogativi su come le scelte di consumo possano riflettere e influenzare le dinamiche politiche e sociali in corso.