La sfida di Eni per il futuro della mobilità con i biocarburanti HVO
Tra le soluzioni e i vettori energetici su cui Eni sta puntando per raggiungere la carbon neutrality al 2050 ci sono i biocarburanti HVO.
L’Agenda 2030 dell’ONU per lo Sviluppo Sostenibile ha messo nero su bianco quali sono gli obiettivi principali da raggiungere in ambito ambientale, economico, sociale e istituzionale per riuscire a costruire un mondo diverso e vivere in modo più sostenibile. La missione è chiara: tutti dobbiamo contribuire per ridurre il nostro impatto sull’ambiente, contenere l’aumento della temperatura globale e scegliere di puntare sempre di più su un’energia affidabile, sostenibile e a basso costo così da consegnare alle future generazioni un pianeta migliore.
La sfida richiede un impegno su più fronti, dalla creazione di un mercato energetico più efficiente allo sviluppo di migliori tecnologie di stoccaggio dell’energia, da maggiori investimenti nelle energie rinnovabili alla decarbonizzazione dei trasporti. Eni, in linea con l’Agenda delle Nazioni Unite e gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima, prevede il raggiungimento della carbon neutrality al 2050 attraverso un percorso di decarbonizzazione che punta a ridurre le emissioni generate lungo l’intera filiera dei prodotti.
Tra le soluzioni e i vettori energetici su cui Eni sta puntando da tempo ci sono i biocarburanti HVO (Hydrotreated Vegetable Oil), un importante esempio di economia circolare applicata alla mobilità in grado di dare un contributo immediato alla riduzione delle emissioni del settore dei trasporti.
Cosa sono i biocarburanti HVO?
Il biocarburante HVO è un biocarburante prodotto da materie prime di scarto, da residui vegetali e da olii generati da colture su terreni non in competizione con la filiera alimentare, utilizzabile con le attuali infrastrutture e in tutte le motorizzazioni omologate e in grado di contribuire all’immediata decarbonizzazione del settore dei trasporti, anche pesanti.
Eni già dal 2014 produce biocarburante attraverso la trasformazione di oli vegetali e biomasse di scarto in HVO e dallo scorso febbraio ha iniziato a distribuire nella rete delle stazioni Enilive il primo diesel di Enilive prodotto con 100% di materie prime rinnovabili, HVOlution.
La rivoluzione è già in atto: il biocarburante HVO in purezza è già in uso da tempo da parte di primari operatori della logistica, dal Gruppo Spinelli, alla FERCAM e Lannutti, ma anche dai mezzi per la movimentazione dei passeggeri a ridotta mobilità in ambito aeroportuale fino alla logistica. Non solo: guardando al futuro nell’ottica della decarbonizzazione dei trasporti, Eni sta testando con successo l’uso di HVO su autobus, mezzi pesanti e treni. Tra gli esempi illustri più recenti c’è il test eseguito lo scorso luglio con un convoglio ferroviario che ha viaggiato tra Sibari e Reggio Calabria – 700 chilometri e 13 ore di servizio tra andata e ritorno – alimentato esclusivamente con HVO in purezza fornito da Enilive.
La tecnologia Ecofining di ENI
Per raggiungere l’ambizioso obiettivo di decarbonizzare il settore dei trasporti, Eni può contare su una tecnologia innovativa sviluppata insieme a Honeywell UOP, il processo di Ecofining che permette di trasformare materie prime di origine biologica in biocarburanti, come nel biocarburante HVO (Hydrotreated Vegetable Oil). Il processo è estremamente flessibile e consente di trattare diversi tipi di cariche di origine biogenica, così da produrre una varietà di prodotti, dall’HVO diesel al bio-GPL, dal bio-jet alla bio-nafta.
Grazie alla tecnologia proprietaria Ecofining, gli scarti, i rifiuti e gli oli arrivano alla bioraffineria all’interno di navi e autobotti e vengono stoccati in serbatoi in attesa di essere sottoposti a due trattamenti, uno fisico per rimuovere le impurezze e uno chimico per la trasformazione vera e propria in biocarburanti.
Da dove arrivano le materie prime?
Il successo dei biocarburanti HVO è legato anche ai tanti e importanti accordi siglati da Eni per la raccolta delle materie prime da trasformare grazie alla tecnologia Ecofining. L’azienda sta sviluppando da tempo una rete di agri-hub e ha sottoscritto accordi in alcuni paesi dell’Africa, dal Kenya al Congo, dall’Angola al Mozambico, passando per la Costa d’Avorio e il Ruanda, avviando al contempo studi di fattibilità sia in Kazakistan che in Italia.
I risultati sono già eccezionali: il primo agri-hub aperto in Kenya, nella Contea di Makueni, a luglio 2022, può vantare una produzione di olio vegetale con una capacità di 15mila tonnellate/anno e il numero è destinato a salire nel corso del 2023 e altri negli anni successivi. Il primo carico di olio vegetale prodotto nell’agri-hub di Makueni, frutto della spremitura di semi di ricino, di croton e di cotone, è arrivato nella bioraffineria di Gela alla fine del 2022. Alla struttura di Gela Eni ha affiancato anche la bioraffineria di Venezia, a Porto Marghera, in esercizio dal 2014 e già in grado di utilizzare fino al 100% biomasse di scarto. Grazie alle due strutture, Eni ha fissato un obiettivo ambizioso: espandere la propria capacità di bioraffinazione dagli attuali 1,65 milioni di tonnellate all’anno a oltre 5 milioni di tonnellate/anno entro il 2030.
L’esempio eccellente dei biocarburanti per l’aviazione e la marina
Eni si sta impegnando da tempo anche per lo sviluppo di biocarburanti per l’aviazione e la marina, ad oggi l’unica alternativa concreta per la decarbonizzazione di questi settori del trasporto. Fondamentale in questo senso è la raffineria di Livorno, dove vengono distillate le bio-componenti prodotte nella bioraffineria di Gela per produrre il JET A1+Eni Biojet, idoneo ad essere utilizzato in miscela con il jet convenzionale fino al 50%. Anche in questo caso l’obiettivo di Eni è importante: raggiungere la produzione di 200mila tonnellate all’anno di Eni Biojet al 2025 e fino a 1 milione di tonnellate all’anno nel 2030.