
La fibromialgia, una sindrome reumatica complessa e multifattoriale, continua a destare preoccupazione tra i professionisti della salute. Questa condizione, che colpisce principalmente le donne, è caratterizzata da un dolore cronico diffuso nei muscoli e nei tessuti fibrosi, come tendini e legamenti. In occasione del settimo congresso “Controversies in Fibromyalgia”, attualmente in corso a Vienna, Flaminia Coluzzi, professore di Anestesiologia e Terapia del Dolore presso l’Università Sapienza di Roma, ha presentato nuove ipotesi riguardanti le cause di questa patologia, suggerendo che la neuroinfiammazione possa giocare un ruolo cruciale, aprendo la strada a potenziali strategie terapeutiche.
Statistiche e impatto della fibromialgia
A livello globale, la fibromialgia colpisce oltre 100 milioni di persone, con circa 1,5 milioni di casi registrati in Italia. Questa sindrome si manifesta con un dolore persistente e debilitante, che ha un impatto significativo sulla qualità della vita dei pazienti. Le statistiche indicano che circa il 5% della popolazione è affetta da questa condizione, con un rapporto di 9 donne su 1 uomo, rendendola una malattia prevalentemente femminile.
Coluzzi ha sottolineato l’impatto devastante del dolore cronico sulla vita quotidiana: “Chi soffre di fibromialgia vive con una costante e invalidante percezione del dolore”. Nonostante i progressi recenti nella diagnosi e nel trattamento della fibromialgia, la complessità della diagnosi rimane una sfida. “Purtroppo, non esistono test diagnostici ematici o radiologici che possano confermare la patologia”, ha affermato Coluzzi, evidenziando la frustrazione dei pazienti di fronte all’assenza di dati oggettivi. Questo porta spesso a una percezione errata della fibromialgia come un disturbo esclusivamente psicologico, mentre in realtà si presenta con sintomi fisici, depressione, disturbi del sonno, affaticamento e difficoltà cognitive.
Neuroinfiammazione e nuove prospettive terapeutiche
Durante il congresso, gli esperti hanno discusso l’ipotesi che la neuroinfiammazione possa essere un fattore scatenante della fibromialgia. Coluzzi ha spiegato che esiste un sistema immunitario intrinseco nel sistema nervoso centrale che, se iperattivato, rilascia mediatori pro-infiammatori, contribuendo a mantenere il processo di neuroinfiammazione. Questo meccanismo è alla base di molte condizioni patologiche croniche, comprese le sindromi dolorose.
Sebbene la causa della sindrome fibromialgica rimanga sconosciuta, la neuroinfiammazione potrebbe rappresentare un comune meccanismo fisiopatologico. Ricerche recenti, tra cui studi di tomografia a emissione di positroni (PET), hanno rivelato un’eccessiva attivazione della microglia, le cellule responsabili della sorveglianza immunitaria nel cervello, nei pazienti affetti da fibromialgia. Tuttavia, Coluzzi ha avvertito che non è praticabile utilizzare questa tecnologia a scopo diagnostico nella pratica clinica.
Dal punto di vista terapeutico, ci sono strategie promettenti per modulare la neuroinfiammazione e gestire il dolore cronico. In Italia, l’uso della palmitoiletanolamide (PEA) ultra-micronizzata ha mostrato risultati incoraggianti, permettendo l’ingresso nel sistema nervoso centrale. Questa molecola è supportata da studi preclinici e clinici su diverse forme di dolore cronico e ha dimostrato di portare vantaggi clinici nella riduzione del dolore e nel miglioramento degli score clinici per la fibromialgia. Coluzzi ha concluso enfatizzando l’importanza dell’esercizio fisico e del supporto psicologico, elementi fondamentali nella gestione di questa complessa sindrome.