
La Groenlandia si trova di fronte a una sfida cruciale: dopo aver interrotto l’estrazione dell’uranio a causa di timori legati ai rifiuti tossici, ora potrebbe essere costretta a riprendere l’attività mineraria o affrontare una richiesta di risarcimento di ben 11 miliardi di dollari.
Brattahlio, nel fiordo di Narsaq, Groenlandia © iStock
Nel sud della Groenlandia, nel fiordo di Narsaq, si trova una delle più grandi riserve di terre rare e uranio a livello mondiale. Questo giacimento, conosciuto come Kvanefjeld (o Kuannersuit in groenlandese), ha un potenziale economico di circa 7,5 miliardi di dollari, attirando l’attenzione di potenze globali impegnate nella corsa alle risorse minerarie strategiche per la transizione energetica.
Tuttavia, il partito ambientalista Inuit Ataqatigiit, che ha governato la Groenlandia fino a questo momento, si è opposto con fermezza al progetto, portando la società mineraria a presentare una denuncia contro il governo locale, chiedendo un risarcimento di 11 miliardi di dollari.

Variazioni politiche in Groenlandia
Il panorama politico groenlandese ha subito un cambiamento significativo. Nelle elezioni parlamentari dell’11 marzo 2025, il partito di centro-destra, i Democratici (Demokraatit), ha ottenuto un successo inaspettato, triplicando i propri seggi e diventando il partito predominante nell’Inatsisartut, il parlamento groenlandese. Il leader del partito, Jens-Frederik Nielsen, ha manifestato l’intenzione di formare una coalizione per promuovere l’unità del paese.
Il partito pro-indipendenza Naleraq ha raddoppiato la sua rappresentanza, posizionandosi come la seconda forza politica del paese. Al contrario, i partiti storici Inuit Ataqatigiit e Siumut, entrambi di sinistra e al governo da decenni, hanno subito una pesante sconfitta, perdendo quasi la metà dei loro seggi.
Questi risultati segnano una svolta nella politica groenlandese e potrebbero accelerare il processo verso una maggiore autonomia. I Democratici si sono mostrati favorevoli a un referendum sull’indipendenza, ma solo dopo aver assicurato basi economiche solide. Attualmente, la Groenlandia dipende da un sussidio annuale di 580 milioni di euro dalla Danimarca, che copre circa metà del bilancio nazionale, senza un’alternativa chiara in vista. In questo contesto, l’estrazione mineraria appare come una soluzione allettante.
Preoccupazioni per l’inquinamento radioattivo
La compagnia australiana Greenland Minerals, oggi chiamata Energy Transition Minerals (Etm), ha acquisito il sito minerario nel 2007, suscitando speranze di prosperità economica per l’isola grazie a un progetto di miniera a cielo aperto del valore di 7,5 miliardi di dollari. Tuttavia, per la comunità di Narsaq, composta da poco più di 1.300 abitanti, questo progetto ha sollevato gravi preoccupazioni: l’estrazione delle terre rare potrebbe comportare lo smaltimento di fanghi radioattivi nelle vicinanze delle abitazioni e delle aziende agricole, mettendo a rischio l’acqua potabile e compromettendo l’allevamento delle pecore, una delle principali fonti di sostentamento della regione.
Le ansie degli abitanti non sono infondate. La Groenlandia ha già subito danni significativi a causa dell’attività mineraria. I siti di estrazione di piombo e zinco risalenti agli anni Settanta sono ancora contaminati, con tracce di metalli pesanti riscontrabili nei pesci, nei molluschi e nelle acque circostanti. Inoltre, l’ecosistema di Narsaq e dell’area meridionale dell’isola dipende dalla pesca e dalla caccia di foche e balene, attività fondamentali per la sussistenza degli Inuit.
Il referendum sull’uranio
Nel 2021, la questione delle miniere di uranio è diventata centrale nella campagna elettorale groenlandese, tanto che la stampa internazionale ha definito il voto come un vero e proprio “referendum sull’uranio”. Il partito di sinistra Inuit Ataqatigiit ha vinto le elezioni grazie alla sua ferma opposizione al progetto di Kvanefjeld, accusato di minacciare l’ambiente e la salute pubblica. Una volta al governo, l’esecutivo ha imposto un divieto di estrazione dell’uranio, bloccando di fatto il progetto minerario.
Tuttavia, questa decisione ha scatenato la reazione di Etm, che ha avviato una procedura di arbitrato internazionale contro il governo groenlandese, sostenendo che il divieto costituisca un’espropriazione illegittima. La compagnia ha richiesto un risarcimento che arriva fino a 11,5 miliardi di dollari, un importo quasi dieci volte superiore al budget annuale del paese. Per sostenere questa battaglia legale, Etm ha ottenuto il supporto di investitori esterni, che riceveranno una percentuale dell’eventuale risarcimento.
Rischi per il futuro della Groenlandia
La controversia tra Groenlandia ed Etm è gestita tramite il sistema dell’Investor-state dispute settlement (Isds), un meccanismo giuridico poco noto che permette alle imprese di citare in giudizio gli Stati quando leggi o regolamenti minacciano i loro investimenti. Negli ultimi anni, l’Isds è stato sempre più utilizzato per contrastare normative ambientali, ponendo i governi di fronte al dilemma tra la protezione dell’ecosistema e il rischio di dover pagare risarcimenti miliardari ai privati.
Secondo un’inchiesta del quotidiano britannico The Guardian, dal 1976 le aziende hanno ottenuto risarcimenti per oltre 100 miliardi di dollari tramite arbitrati Isds, spesso per compensare i mancati profitti derivanti dall’annullamento di progetti impattanti. Nel caso di Kvanefjeld, Etm sostiene di aver investito più di 7,5 miliardi di dollari nello sviluppo del sito, convinta di poterlo sfruttare a livello industriale. La richiesta di risarcimento include non solo i costi già sostenuti, ma anche i guadagni futuri persi.
L’esito di questa controversia potrebbe avere ripercussioni globali. Una sentenza favorevole alla compagnia mineraria costituirebbe un grave precedente per altri governi che intendono imporre restrizioni ambientali sui progetti estrattivi. Una tale decisione renderebbe ancora più difficile la transizione ecologica, minacciando la capacità degli Stati di tutelare i propri ecosistemi e la salute pubblica senza incorrere in sanzioni economiche insostenibili.
Il rischio di dover pagare 11 miliardi di dollari di risarcimenti rappresenterebbe un colpo duro per l’economia groenlandese, ancora fortemente legata ai finanziamenti danesi. Sebbene il nuovo governo non si sia ancora espresso sulla questione, accettare le richieste di Etm potrebbe spingere la Groenlandia a puntare sullo sfruttamento delle proprie risorse naturali. I minerali rari, essenziali per la produzione di tecnologie verdi come turbine eoliche e batterie per veicoli elettrici, sono al centro di una competizione globale tra le grandi potenze, e la Groenlandia potrebbe diventare un attore chiave in questo contesto geopolitico. Le decisioni del nuovo governo saranno cruciali per il futuro dell’isola e per le sue comunità locali, le più vulnerabili agli impatti socio-ambientali che ne deriveranno.