Qual è l’impatto ambientale della cremazione?
La cremazione delle salme diventa sempre più richiesta, tuttavia non bisogna sottovalutarne l'impatto ambientale. Ogni singola procedura può rilasciare dai 240 ai 400 chilogrammi di anidride carbonica in atmosfera, a cui si aggiungono metalli pesanti, particolato sottile e ultrasottile, composti organici volatili e molte altre sostanze chimiche inquinanti. In linea generale, un forno crematorio presenta livelli di inquinamento simili agli inceneritori per i rifiuti.
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La cremazione delle salme sta diventando sempre più popolare anche in Italia, come alternativa alla più classica sepoltura. Eppure, con la crescita della cremazione come scelta favorita per una grande fetta della popolazione, è lecito domandarsi quale sia l’impatto ambientale di questa pratica. In particolare, quali sono le emissioni tipiche di un forno crematorio?
Come facile intuire, le principali preoccupazioni sono relative all’immissione nell’aria di sostanze inquinanti, soprattutto all’interno di contesti urbani, già colpiti da gravi forme di smog. È quindi possibile ridurre l’inquinamento dovuto alla cremazione, rendendola più sostenibile?
Cos’è la cremazione
Con il termine cremazione si intende la pratica, dalle radici molto antiche, di decomporre una salma avvalendosi della combustione. Si tratta di una delle prime forme con cui l’uomo ha deciso di gestire i corpi dei defunti, probabilmente nata in Asia diversi millenni fa. Tutt’oggi rimane proprio nel continente asiatico la modalità più diffusa per la riduzione delle salme, spesso accompagnata da complessi e affascinanti riti funebri.
La cremazione è molto diffusa negli Stati Uniti e nel Nord Europa, mentre nella porzione meridionale del Vecchio Continente sta prendendo sempre più piede negli ultimi anni, come alternativa alla più comune sepoltura. Mentre un tempo – e tuttora in alcune parti proprio dell’Asia – la cremazione avveniva a cielo aperto, oggi viene realizzata in strutture moderne, affinché la procedura avvenga nel massimo della sicurezza e avvalendosi di personale specializzato.
Cosa si brucia durante la cremazione
Di norma, la cremazione avviene in speciali forni che possono raggiungere la temperatura tra gli 800 e i 1.000 gradi centigradi e la procedura può richiedere qualche ora, a seconda delle tecnologie impiegate per la combustione. Ma cosa si brucia durante la cremazione?
In linea generale, nel forno crematorio vengono arsi:
- la bara che contiene la salma;
- le decorazioni funerarie presenti nella bara e gli indumenti del defunto;
- tutti i tessuti organici della salma, compresi gli annessi cutanei.
Il processo della cremazione non è in grado di ridurre parte dei tessuti ossei, che risulteranno a frammenti dopo la combustione, così come eventuali protesi in titanio o in oro. Al termine della cremazione, questi residui vengono triturati in una finissima polvere, che viene poi aggiunta alle ceneri del defunto. Queste ultime vengono poi raccolte nell’apposita urna cineraria, che viene consegnata ai parenti della persona scomparsa.
Perché la cremazione inquina
Come avviene per qualsiasi tipologia di combustione, anche la cremazione inquina. Il processo di decomporre le salme in cenere tramite il fuoco, infatti, può rilasciare emissioni inquinanti e gas climalteranti, andando a contribuire all’inquinamento dell’aria.
In linea generale, si possono considerare due forme principali di emissioni:
- quelle relative alla CO2, ovvero all’anidride carbonica, rilascia per ogni procedura;
- quelle relative a particolato sottile, metalli pesanti e altre sostanze chimiche pesanti.
Quali inquinanti vengono emessi con la cremazione
Come accennato nel precedente paragrafo, la prima emissione da prendere in considerazione quando si parla di cremazione è quella relativa all’anidride carbonica. Secondo alcune rilevazioni pubblicate dal National Geographic, in media una cremazione immette nell’atmosfera 240 chilogrammi di CO2, cifra che può salire a 400 chilogrammi per gli impianti meno recenti o, ancora, per procedure particolarmente lunghe.
Dopodiché, vi sono anche altri inquinanti da prendere in considerazione, così come di recente evidenziato anche dall’ISDE:
- particolato sottile e ultrasottile, ovvero PM10 e PM2.5;
- monossido di carbonio;
- ossidi di azoto e di zolfo;
- composti organici volatili (COV);
- composti inorganici di fluoro e cloro;
- diossina;
- idrocarburi aromatici policiclici (IPA).
Non è però tutto: possono essere rilasciati in atmosfera anche metalli pesanti, ad esempio dovuti alla presenza di vecchie amalgame dentali, vaporizzate con la combustione. Un tempo la cremazione provocava anche forti emissioni di zinco, dovute all’utilizzo di bare da sepoltura. Oggi, si preferiscono invece bare appositamente pensate per la cremazione, prive di questo metallo.
Quanto inquina un impianto di cremazione
Non è semplice calcolare le emissioni totali di un forno crematorio, poiché molto dipende dalla grandezza e dalla capacità dell’impianto, così come dalle tecnologie impiegate per il filtraggio e la riduzione dell’immissione di inquinanti in atmosfera.
In media, ogni 100 salme cremate vengono rilasciati in atmosfera circa 24.000 chilogrammi di anidride carbonica e una quantità variabile di altri inquinanti. Il più preoccupante è il mercurio, un pericoloso metallo pesante, che potrebbe raggiungere la soglia di 1 chilogrammo emesso ogni 100 salme trattate. Secondo alcune stime EPA, oggi la cremazione potrebbe rappresentare una delle principali fonti di emissione di mercurio a livello mondiale.
A livello di impatto ambientale, gli esperti sono concordi nel considerare i forni crematori del tutto sovrapponibili agli inceneritori di rifiuti in termini di inquinamento, poiché le sostanze chimiche che derivano dalla combustione sono sostanzialmente le stesse.
Chi controlla le emissioni dei forni crematori
A oggi, sono principalmente due i riferimenti di legge per la regolamentazione della cremazione:
- la Legge 130/2001, nata per definire le norme tecniche per la realizzazione dei crematori, i limiti di emissione e l’impatto ecologico della procedura. Tuttavia, la normativa richiede un provvedimento interministeriale per poter essere effettiva;
- il DPR 285/1990, che stabilisce dove possano essere costruiti i forni crematori, ovvero entro i recinti dei cimiteri, dopo valutazioni ambientali del sito, tecnico-sanitare dell’impianto e dei sistemi di tutela dell’aria.
Le funzioni di gestione e controllo ricadono sia a livello regionale che Comunale. Proprio per questo, in materia di emissioni sono le ARPA regionali a dover misurare ciclicamente le emissioni e stilare rapporti, soprattutto in presenza di eventuali rischi per la salute pubblica.
Fonti: