
Un tribunale del South Dakota ha emesso una sentenza che ha sorpreso e allarmato il mondo dell’attivismo ambientale: Greenpeace è stata condannata a versare ben 660 milioni di dollari a Energy Transfer, una compagnia texana attiva nel settore dei combustibili fossili. La causa è emersa in seguito alle proteste contro il controverso Dakota Access Pipeline, un oleodotto che ha suscitato forti opposizioni da parte di attivisti e comunità indigene.
- La giuria ha stabilito il risarcimento durante un processo a Mandan, nel North Dakota.
- Greenpeace, attiva da oltre cinquant’anni, potrebbe trovarsi costretta a chiudere le sue operazioni negli Stati Uniti.
Il verdetto, emesso da una giuria, ha visto l’organizzazione ambientalista dover risarcire un importo molto superiore ai 300 milioni di dollari inizialmente richiesti da Energy Transfer. La sentenza ha suscitato preoccupazioni tra gli attivisti, poiché Greenpeace aveva avvertito che una condanna di questo tipo avrebbe potuto portare al suo fallimento. L’ong ha già annunciato la sua intenzione di presentare appello contro la decisione.

Accuse di danno all’immagine di energy transfer
Mandan, dove si è svolto il processo, si trova a circa ottanta chilometri dalla riserva di Standing Rock, epicentro delle manifestazioni contro il Dakota Access Pipeline. Questo oleodotto, concepito per trasportare il petrolio dalla Bakken Formation fino all’Illinois, ha scatenato l’opposizione di numerosi gruppi nativi americani e ambientalisti. Questi ultimi hanno avvertito che la sua costruzione avrebbe potuto inquinare le acque del fiume Missouri, fonte vitale per le comunità locali, e compromettere terre sacre.
Nonostante le proteste, la costruzione dell’oleodotto è proseguita, attirando l’attenzione di migliaia di manifestanti, tra cui membri di diverse tribù e attivisti famosi. Le tensioni tra i manifestanti e le forze dell’ordine hanno portato a scontri violenti e danni significativi.
Nel 2019, Energy Transfer ha avviato una causa contro Greenpeace, accusandola di aver orchestrato le proteste e di aver diffuso informazioni false, danneggiando così l’azienda. La giuria ha infine ritenuto colpevole Greenpeace di violazione della proprietà privata, diffamazione e complotto.
Un attacco alla libertà di espressione
Greenpeace ha denunciato la sentenza come un tentativo delle grandi aziende fossili di silenziare i movimenti di dissenso attraverso cause legali infondate, note come Slapp (Strategic Lawsuits Against Public Participation). Mads Christensen, direttore esecutivo di Greenpeace International, ha affermato: “Questa è un’offensiva contro la libertà di parola e la sovranità indigena. Non ci lasceremo intimidire e continueremo a combattere in tribunale.”
Questa causa rappresenta una delle più significative mai intentate nell’ambito delle Slapp e si inserisce in un contesto più ampio di regressione dei diritti civili. Christensen ha sottolineato che stiamo assistendo a un ritorno a pratiche irresponsabili che alimentano la crisi climatica e mettono a rischio la salute pubblica. Ha inoltre evidenziato come l’amministrazione Trump abbia smantellato le protezioni per l’ambiente, favorendo i profitti delle aziende a discapito della salute del pianeta.

Da anni, Greenpeace sottolinea come queste azioni legali facciano parte di un attacco più ampio ai diritti garantiti dal Primo Emendamento della Costituzione americana. Attualmente, 16 stati, incluso il North Dakota, non hanno leggi anti-Slapp per tutelare gli attivisti.
Nonostante la sentenza, Greenpeace International ha avviato una causa legale nei Paesi Bassi, basata sulla Direttiva anti-Slapp dell’Unione Europea, per recuperare i danni subiti a causa delle cause infondate negli Stati Uniti. Kristin Casper, General Counsel di Greenpeace International, ha dichiarato: “Energy Transfer non ha ancora chiuso i conti con noi. Questa è solo l’inizio della nostra battaglia legale contro i suoi attacchi alla libertà di espressione e alla protesta pacifica.” La prossima udienza si svolgerà a luglio nei Paesi Bassi.
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