Maltratta gatto e pubblica video su YouTube: un anno di carcere
Condannato a un anno di carcere senza libertà condizionale il francese che ha scaraventato un gatto contro un muro, pubblicando poi il video su YouTube.
Condannato al carcere l’uomo che ha maltrattato un gatto per un video virale, condiviso senza troppe remore sulla piattaforma YouTube. È questo l’epilogo della vicenda che ha tenuto il Web per giorni con il fiato sospeso, tra polemiche e l’indignazione generale degli utenti. Il colpevole è un cittadino francese e passerà ora un anno dietro le sbarre.
La storia è ormai tristemente nota: qualche giorno fa su YouTube è apparso il video di un uomo intento a maltrattare un gatto. L’esemplare, di cinque mesi, è stato raccolto da un giardino condominiale e scaraventato contro un muro a gran forza, tra le risate del protagonista e del compagno che ne riprendeva le gesta. Sorprendentemente il micio se l’è cavata solamente con la frattura di una zampetta, sebbene gli esperti veterinari sottolineino come un simile colpo si sarebbe potuto rivelare letale.
Il tutto è successo la scorsa settimana alla periferia di Marsiglia e, non fosse stato per gli attenti osservatori del Web, il colpevole non sarebbe mai stato identificato. È stato proprio grazie a un internauta, capace di riconoscere il cortile del condominio, se si è potuto identificare il colpevole. E così si scopre come Ghilas Farid, un ventiquattrenne, sia il responsabile di questo atto crudele e immotivato. Davanti alle corti francesi si è giustificato sostenendo di non sapere cosa stesse facendo, di essere stato preso da un momento di mancata lucidità. Ma le scuse a nulla sono servite, perché il giudice ha creduto all’arringa del procuratore Emmanuel Merlin e ha condannato il ragazzo a un anno di carcere, senza la possibilità di approfittare della libertà condizionale.
Ha agito con particolare perversione e sadismo che hanno disgustato l’intero Pianeta dimostrando l’assenza di qualsiasi barriera morale.
Queste le motivazioni al suo imprigionamento. Festeggia il Web, nella speranza che una simile condanna sia da monito a tanti altri seviziatori di animali presenti sui siti di video sharing: chi è causa del suo male, pianga se stesso.