Greenstyle Ambiente Fusione a confinamento magnetico: l’impegno di ENI in una delle più grandi sfide tecnologiche contemporanee

Fusione a confinamento magnetico: l’impegno di ENI in una delle più grandi sfide tecnologiche contemporanee

La fusione a confinamento magnetico è una fonte energetica sicura, sostenibile e virtualmente inesauribile. L'impegno di Eni verso il futuro.

Fusione a confinamento magnetico: l’impegno di ENI in una delle più grandi sfide tecnologiche contemporanee

Siamo consapevoli ormai da anni delle sfide che abbiamo davanti per ridurre il nostro impatto sull’ambiente, contenere l’aumento della temperatura globale e puntare su un’energia affidabile, a basso costo e sostenibile per consegnare alle future generazioni un pianeta in grado di sopravvivere.

L’attualità ci sta mettendo di fronte ad un’urgenza che fino a qualche anno fa non sentivamo così forte e di fronte a questa emergenza è più necessario che mai affrontare la situazione a 360 gradi e non limitandoci a restare legati ai modelli energetici tradizionali. Bisogna guardare al futuro e investire in modo massiccio nell’innovazione e nello sviluppo tecnologico, così come velocizzare tutte quelle tecnologie che sono in grado di generare energia completamente pulita.

Eni è ben consapevole che non esiste una risposta univoca, ma più soluzioni complementari che devono essere affrontate in parallelo tramite investimenti e ricerca su più fronti, con un occhio di riguardo a quelle tecnologie che possono rappresentare un vero punto di svolta, come la fusione a confinamento magnetico che, ispirandosi al Sole, consentirà di produrre energia sicura, virtualmente illimitata e senza emissioni di gas serra.

Fusione a confinamento magnetico. Cos’è e come funziona

La fusione a confinamento magnetico è una fonte energetica sicura, sostenibile e virtualmente inesauribile che riproduce i princìpi tramite i quali il Sole genera la propria energia, garantendone una enorme quantità a zero emissioni di CO2 e rappresentando quindi una potenziale svolta nel percorso di decarbonizzazione.

La tecnologia alla base della fusione a confinamento magnetico si basa sullo stesso principio fisico della fusione nucleare che “tiene acceso” il Sole e permette alla stella madre del nostro sistema solare di produrre la sua energia. Non un processo semplice, e da qui la sfida senza precedenti che ci troviamo davanti, ma una grande rivoluzione che sta già facendo dei passi in avanti molto importanti.

Attenzione a non confondere “fusione” e “fissione” nucleare: nel primo caso parliamo della fusione di due atomi leggeri che, unendosi, emettono energia. La fusione nucleare si posiziona dalla parte opposta: la “fissione” libera energia dividendo un atomo pesante. Per la fusione si utilizzano due isotopi dell’idrogeno, virtualmente inesauribili in natura: Deuterio e Trizio.

Le differenze sono sostanziali anche quando si parla di centrali a fusione, che può essere definita intrinsecamente sicura perché in caso di anomalie di funzionamento, la reazione di fusione si arresterà in modo spontaneo. Non solo. Anche l’ambiente viene tutelato in tutte le fasi della produzione dell’energia perché in ogni istante all’interno del reattore a confinamento magnetico, chiamato “Tokamak”, sono presenti solo pochi grammi della miscela composta da Deuterio e Trizio.

E cosa succede a fine vita del reattore? Lo smantellato avviene in totale sicurezza in quanto i materiali radiologicamente attivati nella struttura sono in modeste quantità, a bassa emissione e facilmente trattabili: possono essere riciclati in poche decine di anni e riciclati per la costruzione di nuovi impianti.

L’impegno di Eni per la fusione a confinamento magnetico

Quella che è una delle più grandi sfide tecnologiche ad oggi affrontate vede Eni tra i protagonisti ormai da anni, e su più fronti. Non solo come principale azionista del progetto di ricerca, ma anche partner tecnico. Dal 2018, ad esempio, Eni è azionista di Commonwealth Fusion Systems, società statunitense fondata proprio con l’obiettivo di sviluppare il primo impianto che produrrà energia elettrica grazie alla fusione. In parallelo sta collaborando anche al Laboratory for Innovation in Fusion Technology (LIFT), un programma scientifico del Massachusetts Institute of Technology volto ad accelerare l’individuazione di soluzioni in termini di materiali, tecnologie superconduttive, fisica e controllo del plasma.

Non solo. Eni sta partecipando al progetto Divertor Tokamak Test facility (DTT) lanciato dall’ENEA, l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. L’obiettivo è l’ingegnerizzazione e la costruzione di una macchina Tokamak dedicata alla sperimentazione di componenti che dovranno gestire le grandi quantità di calore che si sviluppano all’interno della camera di fusione.

L’ambizioso progetto è in fase di realizzazione da ENEA ed Eni presso il Centro di Ricerche di Frascati, ma questa non è l’unica eccellenza italiana con cui Eni ha avviato importanti collaborazioni. Insieme al CNR e agli atenei italiani coinvolti in questo campo è stato creato il Centro di Ricerca congiunto Eni-CNR a Gela con un obiettivo ben chiaro in mente: sviluppare competenze locali attraverso la promozione di Dottorati di ricerca e attivazione di Grant per la modellazione dei fenomeni fisici e degli elementi di progettazione ingegneristica nel campo dei reattori a fusione.

I primi risultati sono molto incoraggianti. Nel settembre 2021 Commonwealth Fusion Systems, di cui Eni è il maggiore azionista, ha condotto con successo il primo test al mondo del magnete con tecnologia superconduttiva High Temperature Superconductors (HTS). Questa tecnologia, applicata ai 18 magneti previsti all’interno del Tokamak, permetterà di assicurare il confinamento del plasma nel processo di fusione magnetica.

L’impegno del cane a sei zampe nella ricerca è davvero rilevante. Basti pensare che negli ultimi sei anni sono stati fatti 7 miliardi di euro di investimenti e al 2021 sono stati depositati ben 7.000 brevetti. Grazie ad un network di 70 Centri di Ricerca e Università e 7 centri di Ricerche di Eni in Italia, l’azienda ha avviato 60 impianti pilota per sviluppare nuove tecnologie e può contare su 400 progetti attivi nella ricerca e nello sviluppo con un team composto da oltre mille ricercatori.

L’approccio di ENI alla tecnologia che guarda al futuro

Eni è presente in tutto il ciclo del valore dell’energia con una strategia a forte contenuto tecnologico basato su un approccio di Open Innovation attraverso il contributo di Joule, la sua scuola per l’impresa, Eni Next ed Innovation Match. Questo ha permesso ad Eni di essere oggi tra le prime aziende del settore energetico ad aver lanciato un veicolo di valorizzazione del proprio patrimonio di tecnologie e talenti, Eniverse.

Per sostenere lo sviluppo delle energie rinnovabili e dello stoccaggio energetico e, parallelamente, per sviluppare tecnologie breakthrough come la fusione a confinamento magnetico, Eni ha avviato il Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara, luogo in cui vengono sviluppate le tecnologie all’avanguardia per le rinnovabili di nuova generazione e la protezione dell’ambiente.

Per ridurre, catturare, trasformare o immagazzinare la CO₂, aumentando l’efficienza energetica, riducendo le emissioni e promuovendo vettori energetici a bassa impronta carbonica come l’idrogeno e il metanolo, sono diversi i progetti a cui Eni sta lavorando come le tecnologie CCUS, il Biometano e l’Idrogeno.

Altrettanto importante è lo sforzo per ridurre, riciclare e riutilizzare prodotti e sottoprodotti, trasformando i rifiuti in prodotti di valore aggiunto per la bioraffineria, la mobilità sostenibile e la chimica da fonti rinnovabili. Da tempo, grazie al sistema brevettato Ecofining, la produzione di SAF Eni Biojet e il progetto Agri-feedstock, l’azienda sta puntando sull’economia circolare nei biocarburanti avanzati di alta qualità.

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