Fukushima oggi, acque contaminate anche dopo 10 anni
Fukushima, acque contaminate anche dopo 10 anni: ora il governo preme per il rilascio in mare, ma monta la protesta internazionale.
Fonte immagine: IAEA via Wikimedia
Sono già passati 10 anni dal disastro nucleare di Fukushima. Era infatti l’11 marzo del 2011 quando un violento maremoto coinvolse l’impianto nucleare di Fukushima Dai-ichi, causando il danneggiamento di alcuni dei reattori della struttura e provocando la fuoriuscita di materiale radioattivo. Il disastro nucleare più grave della storia del Giappone e, ancora oggi, dannoso per l’ambiente circostante. Le acque attorno alla centrale risultano infatti ancora contaminate, così come i campi un tempo coltivati nelle vicinanze.
Oggi nei pressi dell’impianto sorgono circa 1.000 enormi serbatoi di metallo, che contengono più di 1.25 milioni di tonnellate di acqua contaminata, un tempo utilizzata per raffreddare il reattore. L’equivalente di 500 piscine olimpioniche: ora il governo sta pensando di rilasciare quest’acqua in mare, tra le proteste degli ambientalisti.
Fukushima, acque contaminate: che fare?
Si è discusso a lungo, negli ultimi anni, su come gestire il problema delle acque contaminate nei pressi degli impianti di Fukushima. I reattori hanno per anni rilasciato materiale radioattivo sulla vicina costa, tanto che le analisi a campione sulle acque del mare rivelano ancora livelli di contaminazione sopra la norma. Ma il governo giapponese, insieme agli esperti di TEPCO – la società che gestisce la centrale – vorrebbero riversare l’acqua raccolta nei serbatoi direttamente in mare.
Il piano prevede di filtrare e decontaminare quest’acqua, diluirla con altra acqua pura e poi rilasciarla lentamente in mare, nel corso dei prossimi trent’anni. Ma a livello locale e internazionale la proposta non sarebbe stata affatto accolta con grande entusiasmo, anzi ha generato fitte polemiche.
Il governo sta al momento temporeggiando, così come riferisce il Washington Post, poiché avviare le operazioni ora potrebbe portare cattiva pubblicità alle Olimpiadi di Tokyo, in partenza il prossimo giugno. Nel frattempo, i pescatori locali hanno avviato una protesta formale, anche organizzandosi a livello sindacale: rilasciare le acque di Fukushima in mare, infatti, rappresenterebbe il colpo di grazia per un’economia già fortemente provata. Così spiega Takayuki Yanai, a capo del consorzio dei pescatori del porto di Onahama:
Tornare alla normalità è per noi la cosa più importante, versare quell’acqua in mare annullerà tutti gli sforzi. Vorrei davvero che la smettessero. Ci dovranno pur essere opzioni migliori.
L’International Atomic Energy Agency ha definitivo il progetto come “tecnicamente fattibile”, anche se vi sono molte variabili da tenere in considerazione. Grazie a sistemi di filtraggio e decomposizione avanzati, chiamati ALPS, è possibile abbattere gran parte della radioattività dell’acque, ottenendo unicamente del trizio – un isotopo non eccessivamente pericoloso per l’uomo e l’ambiente – nonché delle tracce di carbonio-14. Versando quest’acqua in mare nel corso di un anno, anziché tre decenni, l’esposizione umana sarebbe di poco superiore a quella della radiazione solare. Eppure non è detto che il processo vada a buon fine, né che vi siano sufficienti risorse per controllare continuamente l’effettiva quantità di isotopi nell’acqua.
E mentre la Corea del Sud protesta, poiché teme che quest’acqua possa raggiungere le proprie coste trascinata dalle correnti oceaniche, a circa 80 chilometri dall’impianto continuano i test a campione. Nel porto di Onahama da un paio di anni non si notavano pesci radioattivi, ma lo scorso mese sono stati rinvenuti alcuni scorfani neri con livelli di cesio cinque volte sopra al normale. La divisione tedesca di Greenpeace ha suggerito di attendere almeno il 2035, se proprio non vi sono alternative al versamento in mare, affinché la maggior parte degli isotopi di trizio decadano.
Fonte: Washington Post