Fotovoltaico dallo spazio: il prototipo funziona
Il fotovoltaico nello spazio funziona: il primo prototipo, lanciato dal Pentagono, può generare energia in orbita per trasferirla a terra.
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L’energia solare del futuro proverrà dallo spazio, grazie al fotovoltaico in orbita. E la tecnologia si rivela molto promettente, così come rivela il primo prototipo di successo costruito da un gruppo di scienziati associati al Pentagono. L’obiettivo è quello di realizzare un sistema di pannelli solari geostazionari che, tramite un complesso sistema a radiofrequenza, possano trasferire l’energia raccolta oltre l’atmosfera terrestre per convogliarla sul Pianeta.
Il progetto è ancora agli stati embrionali e, al momento, è in grado di produrre l’energia sufficiente per alimentare un tablet oppure un laptop super-leggero. Eppure in futuro potrebbe rappresentare una delle strategie di punta per generare energia pulita per tutta l’umanità.
Fotovoltaico nello spazio: i test
La possibilità di catturare la luce solare nello spazio ha sempre incuriosito gli scienziati, data la maggiore efficacia dei pannelli solari in orbita. La luce del Sole non viene infatti filtrata dall’atmosfera terrestre e, di conseguenza, gli strumenti fotovoltaici possono catturare raggi – come quelli blu – che solitamente giungono al suolo in quantità davvero ridotte. Si può così approfittare di un sistema altamente efficiente, capace di generare anche il 50-60% di energia in più rispetto a quella terrestre.
I pannelli fotovoltaici vengono normalmente impiegati per alimentare numerose strumentazioni in orbita, come i satelliti per le telecomunicazioni, ma la scienza si è sempre domandata se fosse possibile trasferire l’energia generata sulla Terra. Così lo scorso maggio è stato lanciato in orbita il Photovoltaic Radiofrequency Antenna Module (PRAM), una tecnologia pensata per convogliare l’energia sul Pianeta grazie a degli impulsi a radiofrequenza.
Al momento, il dispositivo in questione è molto piccolo: si tratta di un pannello quadrato di 12 pollici per lato, collegato a un drone spaziale che orbita attorno alla Terra ogni 90 minuti. Al momento, il pannello è in grado di produrre circa 10 watt di energia e, sebbene non vi sia stato ancora un trasferimento a terra, la tecnologia sarebbe già funzionante. I ricercatori hanno infatti sviluppato un complesso metodo di trasmissione a impulsi sulle microonde, per una comunicazione punto-a-punto.
Ci vorranno diversi anni prima che un network di pannelli solari venga implementato in orbita. Ma Paul Jaffe, uno dei ricercatori alla base del progetto, ha spiegato la versatilità di una simile soluzione:
Uno degli unici vantaggi dell’energia solare via satellite rispetto ad altri sistemi è la sua trasmissibilità globale. Si può inviare energia a Chicago e, una frazione di secondi più tardi, anche a Londra o Brasilia se serve.
Ancora, questa tipologia di fotovoltaico è esente di problemi che solitamente si verificano sulla Terra. Basti pensare al lungo blackout che ha coinvolto il Texas: con una soluzione satellitare si sarebbe potuto inviare l’energia nonostante gelo e neve, ripristinando immediatamente tutti i servizi interrotti.
Fonte: CNN