
Recentemente, ho visitato il MUSE Museo delle Scienze di Trento per esplorare la mostra Food Sound, un evento decisamente innovativo che si distingue per la sua mancanza di oggetti fisici. Il percorso espositivo è accompagnato da “cuffie intelligenti” che si adattano alla posizione del visitatore, creando un’esperienza immersiva unica.
All’ingresso, una presentazione introduce il concetto che il nostro rapporto con il cibo si basa su tutti e cinque i sensi. Iniziamo con la vista: il cibo, si sa, si “mangia anche con gli occhi”. Proseguendo, l’olfatto ci avvolge con i profumi che emergono dalle cucine, mentre il gusto si rivela solo al momento della degustazione, attraverso le specifiche aree della lingua che identificano sapori come l’amaro, l’acido, il dolce e il salato. Non possiamo dimenticare il tatto, fondamentale per valutare la maturazione di un frutto. Infine, il suono, spesso trascurato, emerge come un linguaggio universale: può essere musica se piacevole, oppure rumore se fastidioso. Le nostre orecchie ci aiutano a localizzare i suoni, che possono suscitare relax o ansia, mentre il cervello li elabora e memorizza.
La prima parte della mostra offre un’inaspettata sorpresa: i suoni familiari di una cucina in attività. Anche senza vedere chi cucina, riconosciamo i rumori che ci circondano: il borbottio di una pentola, il fruscio del tagliere, il rumore dell’acqua che scorre e il caffè che esce dalla moka. Questi suoni evocano ricordi e sensazioni, creando un legame profondo con l’arte culinaria.
La comunicazione attraverso i suoni
Un’altra sezione della mostra si concentra sulla comunicazione, dove ho avuto l’opportunità di ascoltare, in un ambiente privo di oggetti, i suoni associati al consumo di diversi piatti. Seduto in silenzio, ho percepito le differenze tra il rumore di chi mangia una lasagna, polpette, verdure, panna cotta e formaggio. In questo contesto, il silenzio amplifica ogni suono, rendendo l’esperienza ancora più intensa. Ho potuto ascoltare anche i rumori di piatti meno tradizionali, come l’insalata di alghe, gli spaghetti 3D, le chips di insetti e il cioccolato metallico, rendendo evidente come ogni alimento porti con sé una propria sonorità.
Un aspetto affascinante emerso è il legame tra i suoni del cibo e la stimolazione della fame. Ad esempio, il suono delle bollicine di uno spumante in un bicchiere può attivare un’immediata voglia di acquistare quel prodotto. Inoltre, il suono stesso può influenzare la percezione del sapore: a seconda della tonalità e del ritmo, un alimento può apparire più dolce o salato. Lo yogurt in un vasetto di vetro, ad esempio, risulta più dolce rispetto a quello in plastica, grazie al suono del cucchiaio che colpisce il vetro.
Il condimento sonoro e l’esperienza multisensoriale
Un momento significativo della mostra è dedicato al concetto di “condimento sonoro”, un riferimento al ristoratore che presenta il suo piatto preferito. Mentre ci si sposta da una sezione all’altra, i visitatori possono mettere alla prova i propri sensi e rivivere ricordi dimenticati. Questo aspetto rende l’esperienza ancora più coinvolgente, poiché il suono diventa un veicolo di emozioni e reminiscenze.
Un altro tema affrontato è il packaging, che si rivela un comunicatore multisensoriale. I materiali utilizzati per le confezioni possono variare notevolmente. Ad esempio, alcune confezioni trasparenti, come quelle del latte fresco, permettono di vedere il contenuto, mentre altre, come i succhi di frutta, mostrano solo immagini accattivanti del frutto. Questa sorpresa, che si attiva solo all’apertura della confezione, stimola la curiosità del consumatore. In alcuni casi, prima di mettere un prodotto nel carrello, è il suono stesso della confezione a influenzare la scelta, confermando l’importanza del “quinto senso dimenticato del cibo”.
La durata della mostra è di circa un’ora, ma il tempo scorre velocemente, grazie alle continue sorprese che ogni sezione offre. È un’esperienza che va vissuta, un approccio originale che invita a riflettere. Personalmente, ricordo i suoni legati al cibo della mia infanzia a Besenello, dove una mucca nella stalla vicino a casa dei miei genitori emetteva un ritmo costante durante la mungitura. Anche il fischio della pentola a pressione di mia madre, che lasciava fischiare sul fuoco mentre era in cortile, è un ricordo vivido. E non posso dimenticare il suono del mare a Cervia, ascoltato attraverso una conchiglia durante le colonie estive.
Emiliano Feller