Emissioni CO2, spegnere la webcam aiuta l’ambiente
Emissioni di CO2, spegnere la webcam durante le videoconferenze ha un impatto enorme sull'ambiente: lo rivela un nuovo studio.
Fonte immagine: Pexels
Ridurre le emissioni di CO2 è tanto semplice quanto spegnere la webcam durante le riunioni di lavoro. Nell’anno in cui le tecnologie di videoconferenza si sono affermate su larga scala, data la diffusione del coronavirus e la necessità di dedicarsi allo smart working e alla didattica a distanza, arrivano importanti aggiornamenti sull’impatto ambientale di queste nuove abitudini. È quanto rivela la Purdue University, in collaborazione con l’Università di Yale e il Massachusetts Institute of Technology in uno studio pubblicato pochi giorni fa. Rinunciare alla diretta video, per approfittare solo dell’audio, ha un un effetto immediato in termini di inquinamento.
Non è di certo un segreto, anche Internet inquina. La necessità di alimentare enormi datacenter remoti, così come l’intera catena di distribuzione della banda, richiede un grande consumo di energia. Ma basta adottare innocui comportamenti per limitarne fortemente le conseguenze.
Emissioni di CO2 e webcam
I ricercatori statunitensi hanno calcolato il peso ambientale di un’ora di videoconferenza: si producono circa 1,000 grammi di anidride carbonica e si consumano dai 2 ai 12 litri di acqua. Per compensare questo impatto, a ogni chiamata bisognerebbe coltivare una zolla di terra grande quanto un iPad con vegetazioni ad alto assorbimento di CO2. Presi singolarmente possono sembrare valori ridotti, ma considerando come quotidianamente si effettuino miliardi di videochiamate, il dato è estremamente rilevante.
Eppure, se si rinuncia allo stream video privilegiando unicamente la comunicazione audio, tale impatto si riduce del 96%. In altre parole, spegnere la webcam quando si comunica con l’ufficio – o accenderla solo quando strettamente necessario – fa bene all’ambiente.
Lo studio della Purdue University è unico nel suo genere poiché, oltre ai livelli di CO2, ha voluto anche analizzare anche il consumo di acqua e di suolo dovuto alla produzione di energia, per un approccio più “olistico’ – come definito dagli stessi ricercatori – al problema. Bisogna infatti considerare come la richiesta di energia non abbia conseguenze solo in termini di CO2, ma anche di acqua per la stessa produzione o il raffreddamento dei data center, suolo per la costruzione di impianti e molto altro ancora.
Non solo videoconferenze
L’approccio impiegato per le videoconferenze potrebbe essere esteso a tutte le abitudini quotidiane che hanno a che fare con la Rete. Ad esempio, gli esperti hanno stimato una riduzione dell’86% nelle emissioni e nel consumo di acqua se, collegandosi a Netflix oppure a Hulu, l’utente sceglie la visione in qualità standard anziché in HD o 4K.
Nel corso del 2020, a causa della pandemia da coronavirus, il traffico Internet è cresciuto del 20% a livello mondiale. Nel 2021, per compensare le emissioni prodotte dalla Rete servirebbero 71.600 miglia quadrate di foreste e risorse idriche pari a 300.000 piscine olimpiche.
I ricercatori hanno quindi calcolato il footprint in termini di CO2, acqua e suolo necessari per garantire un GB di traffico su 12 piattaforme diverse, come YouTube, Zoom, Facebook, Instagram, Twitter e molte altre. Come facile intuire, maggiore è il ricorso a video e dirette, maggiori le conseguenze in termini di inquinamento. Così spiega Kaveh Madani, uno degli esperti alla base dello studio:
Le banche vi raccontano gli effetti positivi sull’ambiente del rinunciare alla carta, ma nessuno vi racconta i vantaggi dello spegnere la webcam o di ridurre la qualità dello streaming. Di conseguenza, e senza il vostro consenso, queste piattaforme stanno in realtà aumentando il vostro footprint ambientale.
Oggi Internet è responsabile del 3.7% delle emissioni di CO2 a livello globale, un dato destinato a crescere enormemente nei prossimi anni.
Fonte: Purdue University