Ogni nostra azione ha un impatto ambientale che non possiamo trascurare. Anche il gesto più banale comporta emissioni di cui dobbiamo tenere conto, per adottare comportamenti consoni a proteggere il pianeta, l’unica casa che abbiamo. Forse non tutti sanno, in riferimento alle emissioni di CO2, quanto inquina la tecnologia. Quando pensiamo all’anidride carbonica immessa nell’atmosfera, facciamo riferimento solo ai gas di scarico delle auto, all’inquinamento da riscaldamento domestico, alle grosse industrie. Anche il mondo digitale e online ha le sue “colpe” nell’aumento di emissioni nell’aria.
Le tecnologie digitali hanno un impatto ambientale. Ma le persone ne sono poco consapevoli. Non si tengono in considerazione le emissioni che vengono prodotte per ogni minuto in cui stiamo su internet o su un social network o inviamo un mail, senza considerare quelle che vengono emanate dalla costruzione dei sistemi informatici e digitali che utilizziamo quotidianamente. Eppure sono davvero tantissime. Più di quelle, ad esempio, prodotte dal traffico aereo.
Le tecnologie digitali sono responsabili del 3.7 di emissioni di CO2 equivalenti a livello globale. Una cifra che può apparire molto piccola. Ma se la paragoniamo al 2% di cui è responsabile il traffico aereo, capiamo perfettamente come, in realtà, l’uso della tecnologia può influire pesantemente sul nostro impatto ambientale. Uno studio condotto nel 2021 ha rivelato che solo il 23% delle persone intervistate era consapevole dell’impronta ecologica delle tecnologie digitali. Un numero troppo basso di individui, se si tiene in considerazione quanti utenti oggi usano quotidianamente, per più ore al giorno, per lavoro o per svago, internet, computer, telefonini, tablet e quant’altro.
L’information technology genera quasi il 4% delle emissioni di CO2 a livello globale, ma in pochi se ne rendono conto. E in pochi sanno che entro il 2025 il quantitativo aumenterà di tre volte rispetto ai livelli registrati nel 2010. Questo settore entro una decina di anni potrebbe avere un’impronta di carbonio equivalente a 463 milioni di veicoli per anno. Sicuramente la pandemia da Covid 19 ha peggiorato la situazione, ma siamo ancora in tempo per correre ai ripari cambiando le nostre abitudini. E pretendendo che sia fatto qualcosa per cercare di ridurre tale impatto.
Secondo i dati resi noti recentemente a inquinare maggiormente sono i data center, che consumano dalle 10 alle 50 volte più energia per metro quadrato rispetto a un ufficio classico. L’Agenzia internazionale per l’energia ci suggerisce che sarebbero responsabili dell’1% della domanda mondiale di energia. E i consumi sono in crescita, visto che il settore è sempre più in salita.
Un altro problema è lo smaltimento di tutti i device tecnologici, che sono realizzati con metalli, risorse non infinite, che si potrebbero recuperare, a patto di consegnare i dispositivi non più funzionanti nei centri di raccolta abilitati. Non è facile, dal momento che sono alti i costi di smaltimento di questi prodotti, considerando anche che all’interno contengono anche delle sostanze tossiche che possono essere potenzialmente molto dannose per la salute dell’ambiente e delle persone.
Le aziende possono adottare strategie utili a sfruttare energie pulite e rinnovabili, ottimizzando anche l’uso dell’energia, così da risparmiare sui costi di gestione delle imprese. Inoltre, sarebbe il caso di usare materiali riciclati per i nuovi device prodotti, così da ridurre l’impatto della produzione.
I cittadini possono, invece, adottare comportamenti utili a rendere l’impronta ecologica più bassa: