
È stato rilevato a ben 16 chilometri dalla costa e per il suo recupero è dovuta intervenire la marina. È questa la singolare storia che ha visto protagonista un elefante in Sri Lanka, caduto nelle acque fredde dell’Oceano e miracolosamente tratto in salvo.
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Le operazioni di recupero hanno richiesto ben 12 ore, tramite l’ausilio di diverse navi sia della marina che dell’esercito cingalese. L’animale è stato individuato da una pattuglia di ricognizione via mare, trascinato dalle forti correnti oceaniche nei pressi della città di Kokkilai. Non è ben dato sapere come il pachiderma sia finito a così grande distanza dalla costa, ma si ipotizza l’animale abbia cercato di attraversare a nuoto la laguna di Kokkilai, per poi essere catturato dalle correnti e spinto fino all’oceano.
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Sebbene gli elefanti asiatici siano dei provetti nuotatori, tanto che non capita di rado si allontanino per lunghe distanze dalla riva, l’intervento di recupero dell’animale si è reso comunque necessario. Quando nuotano, infatti, i pachidermi consumano molte energie e, dopo parecchi chilometri in acqua, rischiano di soccombere e annegare per la fatica. Inoltre, l’immersione in acqua salina può provocare delle fastidiosi problematiche per la loro delicata epidermide.
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La capacità nel nuoto sono state acquisite dagli elefanti come strategia di sopravvivenza dai predatori: fuggendo in acqua, infatti, possono rapidamente eludere gli attacchi di numerosi carnivori. Di solito, tuttavia, si spingono in piccoli laghi, in fiumi e in corsi dalle medie profondità, dove possono resistere anche per diversi chilometri, mentre più raro è il tuffo in mare. Non a caso, si pensa che i primissimi elefanti apparsi in Sri Lanka possano aver raggiunto l’isola a nuoto, procedendo dalla vicina India.
Nel mentre, l’elefante recuperato è stato riportato sulla terraferma, dove è stato immediatamente liberato a seguito dei normali controlli veterinari sulle sue condizioni di salute.