Cosmetici testati sugli animali: l’India blocca l’import
L'India vieterà da novembre l'importazione di prodotti cosmetici testati sugli animali, una decisione che si allinea alle normative di Europa e Israele.
Fonte immagine: Funny baby white rabbit with a carrot in grass via Shutterstock
Un cambio di rotta epocale per l’India, che ha deciso di vietare l’importazione di cosmetici testati sugli animali. A premere per favorire la causa è stato il duro lavoro di PETA India, in tandem con il Ministro Maneka Gandhi. La notizia è stata rafforzata dalla pubblicazione sul The Gazette of India il 14 ottobre, per una legge che entrerà in vigore a novembre. La conferma arriva anche dal Ministero della Salute locale, che ha utilizzato l’organo di comunicazione ufficiale per avviare la nuova corrente cruelty-free.
La scelta di tipo etico preserverebbe la salute e la vita di milioni di animali, in particolare conigli, spesso accecati, avvelenati e uccisi in favore della creazione di creme, trucchi e cosmetici. Prodotti dedicati alla bellezza e alla cura personale, ma che verrebbero testati prima su un numero davvero elevato di animali innocenti. Questa decisione segue la scelta precedente, in vigore da gennaio, di non ammettere la sperimentazione per test cosmetici all’interno del suolo indiano.
L’India perciò entra a far parte del già numeroso gruppo di stati contrari alla vendita e all’importazione di questi articoli, ovvero l’Unione Europea e Israele. La nuova tendenza preoccupa le più grandi case produttrici che, solo il mese scorso, hanno cercato di minare il divieto sulla sperimentazione animale. Molti leader di settore internazionali avrebbero infatti tentato di fare pressione sul governo, poiché membri effettivi della Indian Beauty & Association. Ma, al contempo, tutte le aziende coinvolte sarebbero state sommerse da mail di protesta affinché le loro attività non fossero in contrasto con la nuova normativa.
La grande conquista indiana e la costanza di PETA hanno portato alla situazione attuale, un messaggio positivo per il resto del mondo. La voglia di non rendersi complici della morte di piccoli animali innocenti, sacrificati ingiustamente, ma anche uno sprone per le aziende a cercare metodologie alternative.