Cosa spinge l’uomo a torturare gli animali
La violenza verso gli animali può avere origine nell'infanzia, spesso come conseguenza di abusi e sofferenze fisiche subite e degenerate in età adulta.
Fonte immagine: Stray dog via Shutterstock
La violenza e la crudeltà feroce verso gli animali molto spesso ha origine nell’infanzia, come conseguenza di una serie di disturbi, abusi o problemi mentali. L’esternazione di questa pressione interna si materializza in ferocia e abuso contro animali domestici o randagi, può portare a rituali di sacrificio religioso oppure di tipo artistico, come ad esempio mostre ma anche l’uccisione durante riprese televisive. Questi gesti in inglese sono indicati come IATC – “Intentional Animal Torture and Cruelty” – ovvero atti intenzionali di tortura e crudeltà. Chi li mette in atto può avere disturbi psicologici della personalità con tendenze psicopatiche, che trasforma in azioni di sadismo. Ma anche problematiche di tipo sessuale che vengono concretizzate in atti di violenza estrema, come schiacciare animali piccoli oppure cuccioli. In questo caso la pratica è considerata di natura feticista e, di conseguenza, può condurre il killer al piacere sessuale. Non mancano, poi, azioni cruente sugli animali per costringere al silenzio donne e bambini vittime di abusi.
Un labirinto di comportamenti e disturbi che sfociano spesso in gesti violenti contro gli animali. Di questo si è venuto a conoscenza solo negli anni ’70, con l’avvento della scienza che studia il profilo dei serial killer (“profiling”). Dagli studi è emerso come i primi atti abbiano luogo in età infantile, una sequenza di comportamenti riconducibile a serial killer e stupratori in età adulta. Soggetti spesso molto impulsivi, egoisti e privi di rimorso. Molti assassini hanno fatto le loro prime esperienze di crudeltà sezionando, uccidendo, massacrando animali durante i primi periodi della loro vita, a cui si aggiungono vari abusi di natura sessuale.
Durante la fase adolescenziale possono emergere nuovi segnali di allarme che vengono ricondotti sotto la terminologia della “triade dell’omicidio”, ovvero come anticipato la tortura e la crudeltà verso gli animali, la enuresi persistente e l’ossessione verso il fuoco. Questi elementi possono identificare un comportamento deviato che, se non corretto, potrebbe condurre alla crescita di un uomo violento. Gli esperti identificano in questi atti le componenti adolescenziali di un futuro serial killer. Solitamente l’assassino stesso è una vittima, perché durante l’infanzia può aver subito abusi fisici e mentali da parte dei genitori. Vi è poi un altro segnale allarmante ovvero la crudeltà unita all’interesse sessuale verso gli animali, che può condurre alla formazione di stupratori.
Alcuni studi, condotti nel 2013 dal Dr. Phillip Kavanagh hanno evidenziato una seconda triade di comportamenti definita “triade oscura”, nella quale emergono il machiavellismo, il narcisismo e la psicopatia. Di sicuro la soluzione non è semplice, la responsabilità maggiore va imputata all’esempio che il soggetto apprende dal microcosmo dell’infanzia. La famiglia deve essere il ponte tra l’ambiente domestico e il mondo, il comportamento da replicare positivamente e da imparare. Eventuali predisposizioni psicologiche deviate possono essere seguite e guidate da esperti del settore, quindi ridimensionate e controllate a seconda dei casi.