Cos’è il greenhushing e quali sono i rischi di questa pratica
Il greenhushing è l'esatto opposto del greenwashing: le aziende, proprio per paura di essere accusate di mentire sulla pubblicità sostenibile ai propri prodotti e servizi, semplicemente evita di parlarne. La comunicazione della sostenibilità ha così una brutta battuta d'arresto: le conseguenze sono davvero devastanti, perché si crea un circolo vizioso secondo il quale non si parla più di pratiche green, che potrebbero anche essere fonte di ispirazione per altre aziende e per i consumatori stessi
Tutti sappiamo cos’è il greenwashing, ma in pochi sanno qual è il rovescio della medaglia, il fenomeno opposto. Stiamo parlando del greenhushing, una tendenza che riguarda sempre più aziende. Un fenomeno che sta assumendo contorni davvero preoccupanti, in un periodo in cui la sostenibilità e la sua comunicazione devono essere al centro dell’operato di ogni realtà sociale, anche commerciale. Scopriamo, allora, cos’è il greenhushing e quali sono i rischi derivanti.
Cos’è il greenhushing
Il termine greenhushing deriva dall’inglese to hush, mettere a tacere, e green, che significa verde, ma che, in senso lato, indica gli atteggiamenti ecologici e sostenibili. Dalla loro unione si evince che la parola inglese significa letteralmente “mettere a tacere la sostenibilità“, che tradotto significa non promuovere le buone pratiche verdi messe in atto dalle aziende. C’è anche chi lo chiama silenzio verde oppure eco-silence.
Si tratta della pratica aziendale per cui un’impresa non comunica le proprie azioni e i propri obiettivi di sostenibilità. L’esatto contrario del greenwashing, cioè l’abitudine di alcune ditte di promuovere come sostenibili azioni che non lo sono affatto, per “lavarsi” la propria coscienza ecologica, non facendo nulla, però, per risolvere la questione ambientale. Anzi, peggiorandola.
Perché le aziende lo praticano?
Viene spontaneo chiedersi perché un’azienda debba nascondere il proprio lato sostenibile e green che, anzi, dovrebbe essere un valore in più da comunicare ai consumatori, sempre più attenti alle tematiche ecologiche. La riluttanza a deriva proprio dal fenomeno del greenwashing. Molte aziende, a partire dagli anni Novanta, hanno presentato come ecologici prodotti e servizi che non lo erano. Sbandieravano ai quattro venti delle loro azioni in favore dell’ambiente, quando, in realtà, quello che facevano era solo ingannare i consumatori.
Per evitare che questo fenomeno si diffondesse, in tutto il mondo sono state fatte leggi più severe. Ad esempio, dal primo gennaio 2023 in Francia gli inserzionisti per dichiarare in una pubblicità che un prodotto o un servizio è rispettoso della natura devono anche pubblicare il rapporto sulle emissioni di gas serra. I trasgressori possono essere puniti con multe fino a 100mila euro. Anche la Commissione Europea ha emanato due direttive: Empowering consumers for the green transition, approvata dal Parlamento a gennaio 2024 e in attesa del parere del Consiglio, e Green claim directive, ancora in discussione al Parlamento.
Le aziende, dunque, per paura di essere accusate di greenwashing e per evitare di doversi esporre troppo, semplicemente evitano di esporsi al giudizio della gente e non dichiarano più le azioni sostenibili legate ai prodotti e ai servizi offerti.
I rischi del greenhushing
Si potrebbe pensare che questa pratica non abbia conseguenze. Invece, non solo le ha, ma sono pericolosissime. Si potrebbe creare un circolo vizioso per il quale nessuna azienda metta più in campo azioni per poter salvaguardare l’ambiente, rallentando così il miglioramento delle condizioni del pianeta. La società di consulenza svizzera South Pole, che per prima ha parlato di greenhushing, nel suo rapporto annuale On the road to net zero, ha detto che tutti i settori industriali sono coinvolti.
1.400 le aziende intervistate: 86% di quelle che commercializzano beni di consumo e il 72% delle compagnie petrolifere hanno detto di aver ridotto la comunicazione sulla sostenibilità. Mentre 88% delle imprese che offrono servizi ambientali comunica meno, anche se rispettano tutti gli obiettivi previsti dalla legge. Nadia Kähkönen, direttrice delle comunicazioni di South Pole, afferma: “Evitando di intraprendere passi imperfetti per il timore di essere criticati, non ci sarà alcun passo avanti. Gli impatti negativi saranno di vasta portata, mettendo il nostro pianeta in grave pericolo“.