Per quanto ci siano persone negazioniste, è sotto gli occhi di tutti quanto ormai siamo in balia degli effetti disastrosi dei cambiamenti climatici. Piogge torrenziali, alluvioni, grandinate violente, siccità, trombe d’aria… Si tratta tutti di eventi atmosferici scatenati dai cambiamenti climatici. Fra le soluzioni che possiamo mettere in atto per ridurre i quantitativi di emissioni di gas serra e rallentare così l’inevitabile progressione del surriscaldamento terrestre, c’è anche quello di ridurre gli allevamenti intensivi, visto che proprio questi pare che siano fra i maggiori produttori di CO2 e metano. Il che vuol dire passare a degli allevamenti che siano sempre più sostenibili. Già, ma come fare un allevamento sostenibile?
Quali caratteristiche dovrebbe avere un allevamento sostenibile? Eccole:
Alla luce di quanto detto sopra, è chiaro come l’attuale sistema di allevamento intensivo bovino (ma anche di altri animali come polli e maiali) non sia sostenibile. Non solo per una questione di benessere animale (gli animali sono accatastati gli uni sugli altri, non possono muoversi, sono costretti a ritmi di crescita e di riproduzione non fisiologici in modo da rendere di più, a causa dello stretto contatto sono a maggior rischio di malattie e automutilazioni…), ma anche perché produttivamente parlando non è pensabile andare avanti in questo modo.
Allevamenti del genere fanno sì che gran parte della produzione mondiale di cereali sia destinata all’alimentazione di animali al posto di essere utilizzata per l’alimentazione umana. Inoltre questi allevamenti producono tantissimi gas serra e consumano tantissime risorse, fra cui anche acqua e terreno.
Ma per passare a una condizione di allevamento sostenibile, è fondamentale che impariamo a mangiare meno carne, almeno là dove possibile. Perché se da parte nostra continuiamo ad alimentare una domanda di grandi quantitativi di carne a basso costo, è evidente che nulla potrà mai cambiare.
Fonti: