Caviro, mezzo secolo di produzione vitivinicola sostenibile
Il gruppo Caviro ha presentato la prima edizione del bilancio di sostenibilità, ma l'etica aziendale green c'è fin dalla nascita.
Fonte immagine: Caviro
Dell’uva non si butta via nulla. È così per Gruppo Caviro, la cantina più grande d’Italia che ha chiuso il 2018 con 330 milioni di euro di ricavi. Solo nell’ultimo decennio ha investito 100 milioni di euro in progetti innovativi, per generare valore dagli scarti di produzione e ridurre l’impatto ambientale a favore di unno sviluppo sostenibile: un sistema di economia circolare che parte dal passato ed è proiettato al futuro, come emerge dalla prima edizione del Bilancio di Sostenibilità presentato a Milano.
Questo modello green, implementato nel corso del tempo, oggi recupera il 99% dei residui della filiera vitivinicola. Si tratta di migliaia di tonnellate, considerando che Caviro è la cooperativa leader in Italia del settore, con 31 soci, 29 cantine, 12.800 viticoltori, 36.500 ettari di vigneti, 728mila tonnellate di uva prodotta nelle vigne (il 10% del totale nazionale) e milioni di vino esportato in oltre 70 Paesi del mondo.
Fin dalla nascita, nel 1966, la missione è stata di valorizzare le uve dei propri soci viticoltori e guidarli a produrre varietà di interesse, con attenzione alla qualità e a un ridotto impatto ambientale. Dal vigneto al processo di imbottigliamento si recuperano tutte le materie prime utilizzate nella produzione del vino e tramite le controllate Caviro Extra ed Enomondo i rifiuti diventano prodotti nobili per l’impiego in altri settori.
Con la vinificazione dell’uva si ottengono fecce e vinacce, tecnicamente dei sottoprodotti, che invece di essere smaltiti come rifiuto vengono utilizzati per produrre diversi tipi di alcol, il cui utilizzo spazia dal campo alimentare al nutraceutico, dal farmaceutico al cosmetico, senza tralasciare il chimico.
Dai vinaccioli, i semi degli acini dell’uva, invece, si estraggono: i polifenoli, delle sostanze naturali benefiche; l’enocianina, un colorante naturale; l’acido tartarico, una materia prima preziosa per le industrie enologiche, alimentari, farmaceutiche ed edili; i mosti e i succhi d’uva, per gli utilizzi alimentari; gli ammendanti, dei fertilizzanti naturali che migliorano le caratteristiche fisiche del terreno.
In ultimo, tutto ciò che rimane da questi processi di recupero viene impiegato per produrre energia rinnovabile.
“Dalla depurazione della distillazione dei mosti alcolici fermentati e dei reflui provenienti dalle aziende agroalimentari si produce biogas destinato alla produzione di biometano per l’autotrazione e l’energia elettrica, mentre i fanghi residui vengono utilizzati in agricoltura come fertilizzante naturale.
Ancora, dalla vinaccia, dal combustibile derivato dai rifiuti, dal combustibile solido secondario, dal sovvallo dal biogas, dagli sfalci e dalle potature si produce vapore per poi generare energia termica ed elettrica”, spiega SimonPietro Felice, direttore generale di Caviro.
Risultati? L’intero processo riesce a trasformare quasi tutti gli scarti, inviando a smaltimento in discarica solo lo 0,66% dei materiali in entrata, mentre l’energia termica ed elettrica prodotta dagli impianti copre il fabbisogno degli stabilimenti del gruppo e quella in eccedenza viene ceduta alla rete nazionale.
Ma non è tutto. Caviro lo scorso anno ha avviato il primo progetto in Italia di logistica collaborativa in partnership con Chep, leader mondiale nei servizi di pooling di pallet e contenitori.
L’analisi dei flussi di viaggio ha fatto emergere la possibilità di ottimizzare il trasporto dei prodotti del vino Caviro e dell’acqua Lauretana. Al fine di ridurre le tratte a vuoto e di conseguenza i costi e l’impatto ambientale in termini di emissione di CO2, i camion che ritirano il vino dall’impianto di Caviro in Emilia Romagna, per consegnarlo in Piemonte, dopo lo scarico vengono utilizzati per effettuare il ritiro presso lo stabilimento piemontese Lauretana, per poi consegnare l’acqua in Emilia Romagna, in questo modo non ci sono viaggi a vuoto per la riconsegna del pallet.
“Gli investimenti in economica circolare caratterizzano la storia del nostro gruppo, nato e strutturatosi quando ancora le politiche di sostenibilità non erano un trend di posizionamento. Noi abbiamo portato avanti la promozione della sicurezza e del benessere dei dipendenti e dei consumatori, il rispetto per l’ambiente, l’adozione di modelli di produzione sostenibili e circolari, tutti temi oggi in linea con le indicazioni delle istituzioni e che sposando gli obiettivi delineati dall’Onu nell’Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile del Pianeta“, ha concluso SimonPietro Felice.