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Cacciatori Vs. Animalisti: opinioni a confronto

Pro e contro della caccia. Una raccolta delle opinioni più diffuse su un tema che da sempre mette in contrapposizione animalisti e cacciatori

Cacciatori Vs. Animalisti: opinioni a confronto

Dal 1980 al 2006 il numero dei cacciatori è sceso di un milione. Otto italiani su dieci sono contrari alla caccia, mentre vegetariani e vegani hanno raggiunto quasi il 7% della popolazione. Tuttavia, con gli emendamenti alla legge quadro del ’92 si è permesso di sparare fino a un’ora prima del tramonto o ridurre la lista delle specie protette: i successi dei cacciatori sono in sostanza più visibili e tangibili di quelli degli animalisti.

Chi ha ragione? La caccia è uno sport o un massacro di innocenti? Ecco i pro e contro classici dei due punti di vista.

Cacciatori

La caccia è sicura, efficiente e necessaria. Il tasso di ferita da armi da caccia è più basso di altre forme di sport, come il calcio o il ciclismo. Inoltre, la caccia è una forma effettiva di controllo delle specie perché contiene il numero di ogni esemplare, tenendolo in equilibrio ed evitando che si riproducano in maniera eccessiva.

Da quando i grandi predatori naturali si sono estinti in molte regioni, i cacciatori fanno le veci dei lupi, ad esempio riducendo anche gli incidenti tra uomini e animali come quelli d’auto, la malattia di Lyme e i danni al paesaggio.

Al contrario dei tiratori scelti e degli immunocontraccettivi, la caccia non incide molto sulle tasche dei contribuenti perché i cacciatori uccidono gli animali “gratis”. Inoltre per ottenere il tesserino regionale di caccia è richiesto un contributo, ad esempio, di 84 Euro in Friuli Venezia Giulia e in altre regioni italiane. Quindi, nel loro piccolo supportano l’economia nostrana.

Per quanto riguarda il fattore etico, uccidere una lepre per mangiarla non è poi cosi diverso da comprare una bistecca dal macellaio. Inoltre, gli animali selvatici hanno la fortuna di vivere liberi e hanno la possibilità di scappare prima di essere uccisi. In conclusione, la caccia fa bene all’intero ecosistema. Alcuni cacciatori sono contrari ad alcune tipologie come quella competitiva o quella con animali da allevamento immessi in natura.

Animalisti

La caccia è pericolosa, inefficace, non necessaria e costosa per gli italiani. Al contrario di altri “hobby”, le ferite provocate dai cacciatori non sono delle mere fatalità. Circa 50 morti e 80 feriti, come appreso dal sito CacciaIlCacciatore, è un bilancio medio di ogni stagione, coinvolgendo non solo i singoli cacciatori, ma anche i cittadini che non praticano questa attività.

La caccia è inefficace per risolvere gli incidenti tra umani e animali. Studi dimostrano che gli incidenti d’auto con animali selvatici aumentano durante la stagione venatoria, perché i cacciatori spaventano gli animali e questi scappano dai boschi correndo in direzione delle strade. Inoltre, la malattia di Lyme è trasmessa all’uomo tramite le zecche dei ratti e non ad esempio da quaglie e folaghe.

A proposito della deturpazione paesaggistica, anche questa è una falsità perché, tanto per dirne una, dove sono i rododendri ci saranno i cervi attratti da essi, non importa quanti questi siano. La caccia non riduce il numero delle specie perché rimuovendo alcuni individui risulta più cibo per quelli restanti, portando a nuove nascite (soprattutto parti plurigemellari) ed evidenziando l’autoregolazione degli animali. Per la riduzione si possono usare gli immunocontraccettivi.

I territori di caccia sono acquistati e curati anche da chi cacciatore non è, cioè la quasi totalità degli italiani. La caccia non è etica da vari punti di vista. Prima di tutto uccidere un animale per cibarsene è moralmente opinabile, cervo o mucca che sia. Molti credono sia irragionevole definire la caccia come uno sport. Inoltre, la tecnologia moderna ha cancellato ogni tipo di “giustizia” tra cacciatore e preda.

Il dibattito sulla caccia non potrà essere risolto in tempi brevi. Entrambi gli interlocutori discuteranno di sicurezza, costi ed efficacia, ma probabilmente non saranno mai d’accordo sull’eticità della pratica.

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