Buco dell'ozono
Quello del buco dell’ozono è un problema di cui si sente parlare sin dagli anni ’80, una questione ambientale che torna ciclicamente a ricordarci i danni che l’uomo ha causato all’ambiente. Per quanto tutti abbiano sentito parlare di questo tema almeno una volta nella loro esistenza, capire perché sia importante preservare lo strato di ozono atmosferico non è così immediato. A cosa serve l’ozono, come si forma il buco e quali sono le conseguenze che può avere in termini di cambiamenti climatici?
Prima di cominciare, è bene sottolineare una questione che sfugge ai più: il buco nell’ozono non è eterno, né immutabile. Si apre e si chiude ciclicamente, a seconda delle stagioni e dei livelli di inquinamento, e la sua estensione varia proprio di anno in anno. Di seguito, tutte le informazioni utili.
Quando si parla comunemente di buco dell’ozono, ci si sta più propriamente riferendo a due fenomeni distinti che colpiscono l’ozonosfera. Questa si trova a una distanza tra i 15 e i 40 chilometri d’altezza del suolo ed è uno strato dell’atmosfera particolarmente ricco di ozono, dalla funzione tutt’altro che scontata. Semplificando, si tratta di una vera e propria barriera, capace di rimbalzare nello spazio i raggi ultravioletti del sole, evitando così l’irrorazione al suolo di radiazioni nocive per gli esseri viventi.
A partire dagli anni ’80, a causa dell’inquinamento causato dall’uomo e dall’immissione in atmosfera di sostanze che interferiscono con il naturale ciclo dell’ozono, si sono notati due preoccupanti fenomeni:
Di norma, le aree più colpite del globo dalla perdita di ozono sono i Poli. Questo perché in genere la maggior parte di ozono stratosferico viene prodotto a latitudini tropicali, per poi accumularsi proprio sopra l’Artico e l’Antartide.
La scoperta dell’esistenza di uno strato di ozono nell’atmosfera terrestre è relativamente recente, risale infatti al ‘900. È però negli anni ’80 che gli scienziati internazionali scoprirono alterazioni a questa barriera naturale della Terra, con molta probabilità dovute all’azione dell’uomo.
Il termine “buco nell’ozono” venne formalizzato nel 1985, quando fu evidente che lo strato di ozono sopra i Poli si stava assottigliando di anno in anno, tanto da perdere la sua utilità. In un primo momento si pensò che questa riduzione fosse dovuta ad alcuni gas, come i CFC (clorofluorocarburi), normalmente contenuti in bombolette spray, frigoriferi, elettrodomestici e impiegati in alcuni processi industriali. Tanto che, al 1990, più di 90 Paesi mondiali ne vietarono l’utilizzo e oggi risultano pressoché banditi ovunque.
Oggi si sospetta invece che le cause siano multiple poiché, sebbene l’eliminazione dei CFC abbia permesso di ridurre del 20% l’estensione media del buco dell’ozono rispetto al picco toccato nel 2000, il problema sembra essere lontano da un’effettiva risoluzione. Tra il 2020 e il 2021, si è misurata un’estensione di picco del buco dell’ozono di circa 24.8 milioni di chilometri quadrati.
Sarà capitato a tutti, sentendo parlare di buco dell’ozono sui media, di porsi una più che legittima domanda: “Ma il buco nell’ozono non si era chiuso?“. Sì, poiché più volte negli ultimi anni sono stati lanciati titoli trionfali sulla chiusura del buco nell’ozonosfera ai Poli, lasciando intendere che il problema sia definitivamente risolto.
In realtà, non è così. La formazione e la distribuzione di ozono in stratosfera è ciclica, aumenta in certe stagioni e diminuisce in altre. Così capita praticamente ogni anno che il buco nell’ozono si apra, in particolare durante l’estate dell’emisfero boreale, per poi chiudersi il successivo inverno. Due quindi le questioni:
Ma quali sono le cause di questa alterazione dell’ozonosfera? Tutti i ricercatori sono concordi nell’identificare origini umane al buco nell’ozono e, in particolare, nel ricorso per decenni ad alcune sostanze inquinanti.
Così come già accennato, i CFC – o clorofluorocarburi – sono ritenuti i principali responsabili delle alterazioni negli strati dell’ozono. Si tratta di gas che a lungo sono stati impiegati per la produzione di bombolette spray, nei circuiti refrigeranti di frigoriferi, freezer e condizionatori, nonché per la gestione di alcuni processi industriali. Hanno la capacità di aumentare la nebulizzazione dei liquidi, ma anche di garantire una loro rapida propagazione.
Una volta emesse in atmosfera, queste sostanze vanno però a creare delle reazioni chimiche distruttive per l’ozono, riducendone la quantità. Come già detto, oggi i CFC sono vietati in moltissimi Paesi mondiali, dove non sono più impiegati per la produzione di spray ed elettrodomestici. Possono però persistere in alcuni processi industriali o, ancora, in Nazioni che non hanno ancora adottato rigide limitazioni ambientali.
Da tempo i ricercatori studiano anche altre possibili origini al fenomeno della riduzione dell’ozono, pur ritenendo i CFC la causa principale. In particolare è emerso che alcuni alogeni, come il bromo e il cloro, possono attivare delle reazioni distruttive proprio per l’ozono.
Ma quali sono le conseguenze per il Pianeta e per l’uomo del buco dell’ozono e, soprattutto, questo gas è pericoloso per l’uomo?
Quando si parla di ozono, è normale che sorgano alcune preoccupazioni. In grandi concentrazioni, questo gas è infatti nocivo per l’uomo. È quindi lecito chiedersi se le quantità presenti in atmosfera non siano pericolose per gli esseri umani.
L’ozono viene utilizzato sulla Terra per i più svariati scopi, come ad esempio la sterilizzazione degli ambienti, e il suo impiego richiede adeguate protezioni e una corretta areazione per scongiurare effetti gravi. Tuttavia, in natura si trova in concentrazioni molto ridotte, che non rappresentano un pericolo. Un fatto ancora più vero quando si parla della stratosfera, dove le quantità non sono solo tutto fuorché pericolose – circa 0.04 ppm – ma anche sicure per la vita umana, data la grande distanza dal suolo.
L’assottigliamento dello strato di ozono in atmosfera può avere innanzitutto delle conseguenze per la salute dell’uomo. Rappresentando una barriera per i raggi ultravioletti solari, la sua diminuzione aumenta i rischi proprio legati all’irrorazione UV. Fra questi:
Come facile intuire, il buco nell’ozono determina anche delle conseguenze a livello ambientale, non solo sulla salute umana ed animale. Questo perché:
Così come accennato, non si prevede una risoluzione del problema del buco dell’ozono prima del 2050, sempre che tutti gli obiettivi ambientali fissati dal Protocollo di Montreal – specifico sull’ozono – e dagli accordi di Parigi e Glasgow vengano rispettati.