Le bioraffinerie sono sempre più protagoniste dello sviluppo sostenibile, come alternativa ai combustibili fossili per la produzione soprattutto. Grazie a questi impianti, è infatti possibile recuperare scarti vegetali e biomasse per ottenere diversi biocombustibili e altri prodotti, il tutto a basso impatto ambientale e con un’emissione di gas climalteranti minore rispetto proprio alle fonti fossili. Ma cosa sono le bioraffinerie e come funzionano?
A oggi sono circa 224 le bioraffinerie in Europa e anche l’Italia può contare su diversi impianti. Una scelta strategica su cui il Vecchio Continente ha deciso di investire, in vista di una transizione energetica sempre più imminente, anche allo scopo di contrastare i cambiamenti climatici. Di seguito, tutte le informazioni utili.
Con il termine bioraffinerie si indicano degli impianti, anche di notevoli dimensioni, che sfruttano scarti vegetali, residui agricoli, alghe e una grande quantità di biomasse per ottenere combustibili biologici, in particolare per produrre energia termica e, ovviamente, indirettamente anche energia elettrica. Ancora, alcuni dei combustibili biologici ottenuti grazie alle bioraffinerie possono essere impiegati per alimentare motori endotermici, con un impatto ambientale minore rispetto ai derivati del petrolio.
In linea generale, le bioraffinerie approfittano di processi come la fermentazione o la pirolisi – ovvero, la decomposizione delle sostanze organiche tramite processi termici – per ricavarne non solo i già citati combustibili, ma anche bioplastica, sostanze organiche utili all’agricoltura, enzimi e alcune tipologie di prodotti chimici. Poiché questi impianti si avvalgono sostanzialmente di scarti di altre filiere produttive – l’agricoltura, l’allevamento e la gestione dei rifiuti organici – le bioraffinerie sono un perfetto esempio di economia circolare. In altre parole, lo scarto non si trasforma in un rifiuto, ma in una risorsa da valorizzare per ottenerne degli utilissimi prodotti.
Quello delle bioraffinerie è un universo in costante evoluzione, poiché le tecnologie impiegate vengono costantemente migliorate grazie alla ricerca scientifica e alla predisposizione di impianti sempre più efficienti, nonché a ridotto impatto ambientale. Tuttavia, è possibile identificare tre generazioni di questi impianti, a seconda dei loro utilizzi principali:
Non si può però parlare di bioraffinerie senza introdurre il concetto delle biomasse. Così come stabilito a livello europeo, per biomassa si intende la porzione biodegradabile di prodotti, rifiuti e residui di origine biologica, purché provenienti dall’agricoltura, dall’allevamento, dalla silvicoltura, dall’acquacoltura e dalla gestione di rifiuti industriali e urbani, nonché da tutte le industrie connesse a questi settori.
Nella sostanza, si tratta di tutti quegli scarti organici che, se riutilizzati all’interno delle bioraffinerie, possono essere utili per la produzione di biocombustibili e altri prodotti derivati. Fra i principali biocombustibili oggi già ampiamente disponibili, si elencano:
Il funzionamento delle bioraffinerie può essere anche molto complesso, anche perché le tecnologie impiegate vengono di continuo aggiornate. Per facilitare la comprensione, è però possibile semplificarne il processo, identificando alcune fasi chiave:
Il ricorso alle bioraffinerie ha degli indubbi vantaggi, soprattutto a livello ambientale, poiché ottima alternativa ai combustibili fossili. D’altronde, si avvalgono di scarti biologici e, fatto non meno importante, spesso sono alimentate unicamente grazie a energie rinnovabili. Ma quali sono i loro principali benefici?
Fonti: