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Biocombustibili e fertilizzanti dagli scarti della birra

Gli scarti della birra possono essere reimpiegati per produrre pellet e carbone vegetale a basso costo e a ridotto impatto ambientale.

Biocombustibili e fertilizzanti dagli scarti della birra

Fonte immagine: Pixabay

Lieviti esausti, acque di processo, trebbie e altri scarti di produzione della birra possono essere riutilizzati per produrre pellet e carbone vegetale (biochar). A ideare soluzioni innovative per il recupero degli scarti della birra è stato il Consiglio per la ricerca in agricoltura.

Le tecnologie sono state sviluppate e testate nell’ambito del progetto Birraverde della Rete Rurale Nazionale. Il CREA ha deciso di sposare i principi dell’economia circolare, ritenendola uno strumento fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici.

Grazie alle nuove soluzioni è stato possibile recuperare fino al 90% delle materie prime utilizzate nel processo produttivo della birra. Le trebbie essiccate sono state usate per produrre pellet con cui generare calore da reimpiegare nel ciclo produttivo della birra.

Un’analisi chimica effettuata dai ricercatori del CREA ha svelato il potenziale energetico delle trebbie, materiali ideali per la produzione di biocombustibili per via dell’alto contenuto di carbonio e idrogeno. Questi due elementi conferiscono agli scarti della birra un elevato potere calorifico.

Il CREA in una nota ha sottolineato i vantaggi dell’adozione della tecnologia nei microbirrifici. I produttori di birra artigianale possono infatti risparmiare sui costi del pellet. I benefici economici sono marcati anche quando l’impianto è utilizzato solo 160 ore all’anno.

Le trebbie disidratate e pellettizzate possono inoltre essere reimpiegate nella produzione di biochar (carbone vegetale). La conversione avviene in un reattore che sfrutta un processo termochimico di pirogassificazione.

Questa tecnica è a bassissimo impatto ambientale perché genera una quantità di rifiuti prossima allo zero. Il biochar può essere utilizzato come ammendante agricolo per ridurre il fabbisogno di acqua e di fertilizzanti dei terreni.

Tra i vantaggi ambientali del carbone vegetale figura l’alta capacità di stoccaggio della CO2. Come illustrato dal CREA:

Il biochar non viene degradato dai microrganismi presenti nel suolo, favorendo così lo stoccaggio del carbonio nel terreno, evitandone quindi il ritorno in atmosfera sotto forma di CO2 (come nel caso dei residui di potatura).

Gli esperti spiegano che il biochar è carbon negative perché sequestra più carbonio di quanto ne emetta. Secondo i calcoli del CREA ogni kg di biochar permette di sottrarre ben 3 kg di CO2 dall’atmosfera.

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