Athanor, la fusione fredda Open Source: intervista a Ugo Abundo
Il professor Ugo Abundo risponde alle nostre domande circa il progetto Athanor. La condivisione delle scoperte sarebbe alla base della loro filosofia di lavoro.
Trovare un’alternativa valida alle fonti fossili, magari meno pericolosa del nucleare tradizionale, è uno dei grandi obiettivi tecnologici della nostra epoca. Dalle fonti rinnovabili al nucleare di nuova generazione (chissà quanto sicuro, poi), tanti sono i tentativi messi in atto di questi tempi per mandare definitivamente in soffitta petrolio e carbone. Fra essi, spiccano le ricerche sulle LENR, le reazioni nucleari a bassa temperatura, solitamente definite con la popolare espressione di fusione fredda.
Da che Andrea Rossi e Sergio Focardi hanno presentato il loro E-Cat, il numero di reattori e di progetti in studio è aumentato a dismisura. Tra questi concorrenti di Rossi, spicca secondo noi il progetto Athanor, sviluppato come progetto scolastico all’interno di un liceo romano. Per capirne di più, abbiamo deciso di porre qualche domanda al responsabile del progetto, il prof. Ugo Abundo.
Iniziamo con una domanda introduttiva. Cosa è il progetto Athanor e quali sono i suoi scopi?
Athanor (da alfa-thanatos) è l’antica fornace alchemica: nel nome, negazione della morte, è contenuto il significato del perpetuo rinnovarsi; rinnovarsi attraverso la trasformazione, così da poter ben essere assunta a modello di un’apparecchiatura per estrarre energie infinite mediante una reazione.
Il progetto si colloca nel settore L.E.N.R. (reazioni nucleari a bassa energia), impropriamente chiamato “Fusione Fredda” nel linguaggio comune; si tratta di studiare le condizioni in cui, in presenza di catalizzatori, si ottengono eccessi di calore rispetto all’energia immessa, facendo reagire elementi leggeri che interagiscono con nuclei, spostando gli elementi verso numeri atomici maggiori.
Scopo della sperimentazione è la ricerca delle migliori condizioni di reazione, in vista dello sviluppo di reattori per la produzione industriale di energia che presenterebbe i caratteri di inesauribilità, nessuna emissione di anidride carbonica, assenza di scorie radioattive, disponibilità per tutti, indipendentemente dalla ricchezza di risorse minerarie.
Scopo successivo, ma non secondario, è proteggere brevettualmente i risultati senza cederne i diritti proprietari (facendo agire solo in licenza) per non consentire che gli acquirenti possano eventualmente privare l’umanità della possibilità di impiego.
Parallelamente, la ricerca e impiantata in maniera “Open Source”, rendendo tempestivamente pubblici sulla Rete i risultati, e creando un gruppo, aperto a tutti gli esperti e gli interessati, per la condivisione di problemi, proposte, verifiche.
Soffermiamoci sul dettaglio tecnico. Cosa avviene nel vostro reattore? Quali sono le sostanze che reagiscono e quanta energia viene prodotta?
Le reazioni coinvolte non sono ancora note e sono esse stesse oggetto di sperimentazione. In una soluzione elettrolitica di carbonato di potassio sono immersi due elettrodi, di tungsteno e di acciaio inox, tra i quali viene mantenuta una tensione interelettrodica di 150 -200 Volt. Si forma un plasma che scalda la soluzione facendo evaporare l’acqua; dal vapore si recupererà l’energia termica emessa; in opportune condizioni il catalizzatore e l’elettrolita si degradano in maniera ridotta, e l’unico vero combustibile è l’idrogeno proveniente dall’acqua. Abbiamo misurato rese superiori al 400% tra energia termica uscente ed elettrica entrante, A questo punto si rende necessaria una vasta rete di repliche indipendenti per validare i nostri risultati; in merito, sono già state avviate attività per condurre cinque sperimentazioni esterne, e altre seguiranno in maniera esponenziale.
Ciò che ha più sorpreso del progetto Athanor è forse il luogo in cui ha preso vita: un liceo romano, l’IIS Pirelli. Dunque, provocare delle reazioni LENR è più facile di quanto non si creda?
Tutt’altro. Innanzitutto i nostri risultati sono oggetto di un’attenta analisi da parte della comunità scientifica acclamata e da parte di ricercatori indipendenti, per replicare la sperimentazione e validare eventualmente le rese. Poi bisogna non sottovalutare quanto si possano affrontare anche problematiche difficilissime come le LENR quando si disponga di due potentissimi strumenti che sono spesso diffusi nella scuola: la modestia scientifica e la assenza di preclusioni aprioristiche, che mai mancano tra i grandi scienziati, troppo spesso invece possono difettare quando si hanno grandi competenze non associate a larghi orizzonti.
Durante l’anno scolastico, com’è andato il rapporto con gli studenti? In che modo hanno potuto interagire con le ricerche?
Hanno interagito nel modo migliore: sono stati messi al corrente delle ipotesi, degli obiettivi e delle modalità pianificate in modo schematico; sono stati propositivi, attivi, curiosi, hanno partecipato all’affinamento della programmazione, alla discussione critica dei risultati parziali, alla costruzione e al test degli apparati, alla conduzione delle misure, alla raccolta e organizzazione della documentazione multimediale, alla realizzazione della comunicazione e hanno materialmente svolto il convegno pubblico: un’esperienza a tutto tondo. E soprattutto hanno imparato che la scuola non offre solo certezze sui settori di provata validità, ma anche strumenti per la costruzione di una propria capacità di libera critica in casi ancora dibattuti.
Quando si parla di fusione fredda, la parola chiave nell’ultimo anno e mezzo è stata E-Cat. Cosa accomuna il vostro lavoro a quello dell’ingegner Andrea Rossi? I due reattori, secondo lei, sono simili a livello teorico? E per quanto riguarda le potenzialità tecniche?
Ci sono somiglianze e differenze.
La principale analogia è data dall’impiego dell’idrogeno, nell’E-Cat in forma gassosa, nel nostro apparecchio (che ricalca le prove di Mizuno) in forma elettrolitica, su metalli catalizzatori.
La principale differenza mette in luce come, nel nostro apparecchio, le particelle siano raffreddate dalla soluzione che evapora, e sinterizzino meno, continuando a offrire grande superficie alla reazione.
Le potenzialità applicative sono entrambe incredibilmente alte.
Stando a quelle che possono essere le sue conoscenze sul campo, ritiene che le promesse di aziende come la Leonardo Corporation o come la Defkalion verranno rispettate? Insomma, secondo lei nel 2013 avremo dei “boiler” a fusione fredda in commercio?
Me lo auguro fortemente, ma purtroppo vedo che esistono dei problemi di natura non chiara ( ma senz’altro non tecnica) che ostacolano il decollo, forse attribuibili a spinte “frenanti” esterne al gruppo degli sperimentatori.
Se abbiamo capito bene, il vostro reattore dovrebbe essere già stato brevettato. Abbiamo letto della vostra intenzione di rendere pubbliche le specifiche tecniche della vostra invenzione, in modo da permettere a qualunque professionista del settore, dotato di un laboratorio attrezzato, di replicare i vostri test. Può confermare questa intenzione e comunicarci se sia già possibile prendere in esame questi dati?
Certamente, quanto promesso è stato subito trasformato in fatti.
Sulla Rete sono disponibili i disegni costruttivi, i suggerimenti per la replica (noi stessi stiamo aiutando cinque gruppi esterni a costruire “cloni” del nostro reattore), i risultati dei nostri test, i protocolli condivisi sviluppati con la collaborazione degli sperimentatori che hanno aderito alla sfida posta dalla modalità Open Source. Un sito che sta seguendo dall’inizio in modo particolarmente puntuale l’azione di divulgazione è “22Passi” moderato dal Dott.Daniele Passerini, insieme ovviamente a tanti altri, nel mondo, su particolari aspetti.
A breve sarà operativo il sito ufficiale della sperimentazione Athanor, che prevede la assoluta libertà di acquisizione dei contenuti e di ripubblicazione.
Avete già ottenuto delle collaborazioni esterne grazie a questa “apertura”?
Le citate collaborazioni che già sono operative rappresentano realtà velocissime che si sono poste al nostro fianco e già competono con noi in termini di entusiasmo e azione propositiva. Sono certo che i miglioramenti alla sperimentazione proverranno proprio dal dialogo con questi gruppi dotati di grande senso della sperimentazione affiancato da potenti capacita’ tecnico-progettuali.
Insomma, siamo in ottima compagnia, tanto da farci pensare che forse ce la meritiamo.
In che maniera secondo lei la fusione fredda potrà aiutarci nella difesa dell’ambiente?
Principalmente proprio offrendo energia pulita, inesauribile, economica.
Fra quanto tempo prevede che il vostro reattore – o un prodotto ispirato a esso – sarà pronto per una produzione industriale?
Non sappiamo in che misura i nostri risultati, potenzialmente viziati dal livello non eccelso della dotazione strumentale del laboratorio scolastico, saranno riconfermati. Ma se lo fossero, attenzione allo spostamento d’aria! Disponiamo di risorse logistiche (la Fondazione J. Von Neumann) per scatenare in Rete un vero pandemonio (organizzato) mirato alla conduzione di una sperimentazione distribuita, dalla velocità mai precedentemente ipotizzabile.
Sempre nel caso positivo, stimiamo due anni per le prime applicazioni.
In questi mesi, la ricerca sul nucleare sta vivendo un periodo molto particolare. Da più parti si parla di scoperte rivoluzionarie e di leggi della fisica che dovranno essere riviste. Eppure, una parte importante della comunità scientifica guarda con occhi scettici sia le LENR, sia il piezonucleare. Sono dei limiti naturali del sistema accademico o in qualche modo, secondo lei, un po’ di sano scetticismo può aiutare a distinguere le vere innovazioni dalle tante bufale?
Bufale non ce ne sono mai nella ricerca, semmai “mandriani”. La sperimentazione è sempre, nell’essenza, un’operazione seria. Sta poi alla cautela dei singoli esporre nel modo migliore e più aperto le modalità di conduzione, per dare la possibilità a ricercatori indipendenti di valutare il grado di correttezza dei risultati. Ma si sia tranquilli: il mondo si muove di più con qualcuno che canta vittoria forse troppo presto, che con coloro che cantano sconfitta senza (comodamente) mai nemmeno guerreggiare ( si parla della sfida tra curiosità umana e conoscibilità della natura).
Lo scetticismo è perfettamente condivisibile e necessario nella scienza: spetta all’innovatore l’onere della prova. Ma i giudici devono essere sereni e di larghi orizzonti. Comunque, a conti fatti, non si è mai vista una grande idea, se grande lo è davvero, che sia possibile fermare. Oppure, grande non lo era, entusiasti o aprioristici oppositori che si sia.
E niente paura per le leggi della fisica: esse aspettano impazientemente di essere approfondite, integrate, meglio interpretate. Non credo sia necessario in questo caso capovolgerle, basta smettere di parlare solo noi ed essere disposti ad ascoltare quanto vogliono dirci.
Bene così. La ringraziamo sentitamente per la disponibilità e la gentilezza dimostrate.
Grazie dell’opportunità di espressione, un cordiale saluto a Lei e ai lettori, da parte di tutto il gruppo di progetto Athanor che è in sintonia con quanto qui esposto.