Amanita falloide, fungo velenoso: come riconoscerla e rischi
L'amanita falloide è uno dei funghi più pericolosi, spesso confuso con altre varietà commestibili: ecco le caratteristiche e i rischi dovuti al consumo.
Fonte immagine: Holger Krisp via Wikimedia
L’amanita falloide è un fungo velenoso particolarmente pericoloso. E non solo poiché può portare in poco tempo alla morte, me anche e soprattutto per il suo polimorfismo: questo micete può essere infatti facilmente confuso con altre specie commestibili. È proprio questa la causa primaria dell’avvelenamento: molti amatori, non correttamente formati sull’identificazione dei funghi, lo raccolgono e consumano confondendolo con altre specie.
Ma quali sono le caratteristiche del fungo, come riconoscerlo e, soprattutto, quali sono le possibili conseguenze di un’ingestione anche accidentale?
Amanita falloide: un fungo pericoloso
L’Amanita phalloides – conosciuta comunemente anche come tignosa verdognola, angelo della morte oppure ovulo bastardo – è un fungo velenoso appartenente alla famiglia delle Amanitaceae. Si tratta di uno dei miceti più pericolosi a oggi conosciuti e l’ingestione delle sue parti porta nella quasi totalità dei casi alla morte.
A differenza di altri miceti tossici, facilmente riconoscibili per via dei loro colori appariscenti, la pericolosità dell’amanita falloide risiede soprattutto nel suo aspetto. Agli occhi dei meno esperti, il fungo può infatti di primo acchito apparire innocuo. E, soprattutto, è facile confonderlo con specie del tutto sicure. Non a caso, viene di sovente scambiato con esemplari commestibili come l’Amanita cesarea e l’Amanita vaginata, così come alcuni rappresentanti della famiglia della russola.
Il micete è diffuso su tutto il territorio italiano: cresce rigoglioso alla base di alberi molto alti e frondosi, come le querce e i castagni, e si moltiplica velocemente per tutta l’estate e gran parte dell’autunno.
Il fungo agisce principalmente inibendo le funzionalità del fegato, a causa di una sostanza – l’amanitina – di cui è ricco. Questa molecola interagisce con l’mRNA delle cellule e il processo di polimerasi, impedendo la trascrizione del DNA e bloccando le normali attività degli organi.
Fungo Amanita falloide: come riconoscerlo
Dati i rischi di una raccolta che può rivelarsi del tutto fatale, è importante non avventurarsi mai nei boschi alla ricerca di funghi senza la dovuta esperienza. È sempre necessario avvalersi della consulenza di esperti e professionisti: se non nel momento della raccolta, almeno prima del consumo.
Ma quali sono le caratteristiche che permettono di identificare l’amanita falloide, come riconoscerlo da altre varietà invece del tutto commestibili? Utile è concentrarsi su alcune parti del micete, tra cui:
- Cappello: ha una forma conica, quasi a campana, completamente liscia e leggermente lucida. La colorazione può andare dal grigio al giallo, ma la peculiarità più evidente è una sorta di sfumatura verdognola: un vero e proprio campanello d’allarme;
- Gambo: dritto e liscio, presenta alcune striature che possono ricordare le sfumature verdastre presenti sul cappello;
- Anello e lamelle: l’amanita presenta una sorta di anello, una specie di sacca che ricade sul gambo, dalla consistenza di un tessuto. Le lamelle sono invece alte, completamente bianche e libere dal gambo;
- Carne: soda e fibrosa, completamente bianca.
In caso di dubbi, il fungo non dovrà mai essere assaggiato: bastano pochissimi milligrammi di veleno per avere conseguenze drammatiche sull’organismo.
Amanita falloide, foto di riferimento
Per i semplici appassionati amatoriali di funghi, potrebbe essere difficile riconoscere le singole parti che compongono l’Amanita phalloides. Per questo, si consiglia di analizzare a fondo delle immagini prima di addentrarsi nel bosco, magari portando con sé delle stampe di alta qualità per effettuare dei controlli sul campo.
Nella foto riportata in apertura di questo paragrafo, si nota distintamente la tinta verdognola del cappello, così come anche l’anello “a fazzoletto” ricadente sul gambo. Sono quindi riconoscibili le striature sul gambo, così come la base bulbosa e tuberosa: una porzione che solitamente risulta nascosta dal terreno, ma evidente una volta raccolto il micete.
Bisogna però prestare ulteriore attenzione: in alcuni esemplari il cappello potrebbe essere più morbido e ricadente, mentre i giovani esemplari potrebbero mostrate cappelli non ancora completamente sviluppati, con una forma tipica a uovo.
Intossicazione da amanita phalloides
L’intossicazione da Amanita phalloides è sempre molto grave e, così come già accennato, nella quasi totalità dei casi conduce alla morte. I pochi soggetti sopravvissuti all’ingestione del fungo hanno subito una grave compromissione della loro qualità della vita, quasi sempre costretti a trapianti di fegato e al progressivo decadimento di molti organi.
L’avvelenamento è determinato soprattutto dall’amantina, una molecola che blocca la polimerasi dell’RNA messaggero, impedendo la trascrizione del DNA e moltissime funzioni cellulari. Non vanno però sottovalutare nemmeno le falloidine, altre sostanze tossiche presenti nel fungo, che danneggiano le pareti dello stomaco, dell’intestino e del fegato. Purtroppo, la cottura del fungo non ha nessun effetto nel disattivare le due molecole, poiché termoresistenti.
L’azione letale del fungo inizia a manifestarsi entro 12 ore dall’ingestione, senza particolari segnali subito dopo il consumo, e il decesso può sopraggiungere poco tempo più tardi. Poiché i disturbi generati non sono concomitanti all’ingestione, è quindi necessario monitorare attentamente alcuni sintomi.
Sintomi e danni all’organismo
I sintomi correlati all’avvelenamento, come già anticipato, non si sviluppano prima delle 10-12 ore dall’ingestione. Hanno poi un andamento progressivo e non devono pertanto essere sottovalutati: prima si interviene, maggiori sono e chances di sopravvivenza, seppur ridotte.
- Fase 1: i primi sintomi vengono avvertiti a livello gastrointestinale e comprendono nausea, vomito e diarrea senza senza sosta;
- Fase 2: subentra una forte disidratazione, a cui si aggiunge un’insufficienza renale molto grave;
- Fase 3: il fegato viene intaccato, con un’alterazione molto profonda dei livelli di bilirubina e transaminasi, fino a giungere a emorragie interne;
- Fase 4: il fegato entra in necrosi, causando un’insufficienza epatica grave, portando in poco tempo alla morte.
Cosa fare prima e dopo l’ingestione
Il modo più sicuro per consumare funghi è avvalersi del parere di un professionista oppure di un laboratorio di analisi. Subito dopo la raccolta, si mostrino gli esemplari raccolti al proprio esperto di fiducia oppure si chieda una verifica di tossicità ai centri presenti su tutto il territorio italiano.
In caso venisse confermata la presenza di Amanita phalloides, l’intero raccolto andrà gettato, anche le specie del tutto commestibili. Questo poiché anche il semplice contatto fra funghi diversi può portare al trasferimento di spore velenose, contaminando gli esemplari normalmente innocui. Per la stessa ragione, bisogna prestare attenzione al contatto con la pelle: non bisogna portare le mani alla bocca dopo aver toccato il fungo, serve prima un lavaggio profondo con acqua, sapone ed eventualmente del disinfettante a base alcolica.
Qualora si ingerissero parti del fungo, bisogna agire tempestivamente. Se il dubbio sorge prima dell’apparizione dei sintomi, non si perda tempo: si contatti il proprio medico curante, o i servizi di soccorso, spiegando la situazione. Dopo la comparsa dei primi sintomi, bisogna recarsi con estrema urgenza al pronto soccorso. Se possibile, si porti con sé un esemplare della stessa famiglia del fungo ingerito, affinché possa essere immediatamente identificato.
Il trattamento prevede la somministrazione di alcuni farmaci, tra cui silibinina, penicillina e molti altri. Per coloro che riescono a sopravvivere all’intossicazione, si renderanno probabilmente necessarie l’emodialisi o il trapianto del fegato.
Amanita, fungo velenoso: rimedi naturali e consigli finali
Purtroppo, non esistono rimedi naturali riconosciuti ufficialmente dalla scienza per la loro utilità nel contrastare il veleno dell’Amanita falloide. Anzi, l’automedicazione potrebbe addirittura avere effetti avversi, poiché l’associazione con alcune piante non si esclude possa addirittura rendere più aggressiva l’azione delle tossine. Alcuni consigliano l’assunzione di carbone vegetale, ma va sottolineato come i sintomi appaiano a grande distanza temporale dal consumo, quindi quando l’apparato digerente è ormai vuoto. L’effetto tampone del carbone funziona prima della conclusione del processo digestivo.
Per evitare rischi estremi, è indicato seguire alcuni consigli finali. Innanzitutto, non avventurarsi mai alla ricerca di funghi se non si dispone della dovuta esperienza, preferendo invece l’acquisto da rivenditori. Ancora, non si mescolino nelle ceste da raccolta funghi di specie diverse, né si raccolgano miceti dai colori verdastri o comunque anomali.