Alluvioni, Greenpeace: tra le cause il riscaldamento dei mari
Riscaldamento dei mari legato al crescente numero di alluvioni ed eventi meteo estremi in Italia, un esempio la Sardegna secondo Greenpeace.
Fonte immagine: Greenpeace
Il disastro ambientale che si è abbattuto in Sardegna rappresenta un nuovo drammatico della pericolosità dei cambiamenti climatici. In questa direzione procede l’ultimo intervento di Greenpeace, che ha sostenuto l’esistenza di un rapporto diretto tra alluvioni, trombe d’aria e il riscaldamento dei mari.
L’ondata di maltempo che ha colpito la Sardegna è costata tre vite, oltre a diversi danni al territorio. Da anni, ricorda Greenpeace, il Mediterraneo è considerato dai climatologi un “hot spot”, un punto da monitorare con estrema attenzione.
Diversi studi hanno mostrato, prosegue l’associazione, un “aumento graduale delle temperature anche nei mari italiani”. Negli ultimi cinquant’anni si è verificato, in base ai rilevamenti satellitari, un incremento nell’ordine dei due gradi Celsius in superficie. Ha spiegato Greenpeace:
Gli oceani sono un enorme “magazzino” per il calore in accesso generato dai gas serra. L’aumento delle temperature del mare non solo provoca gravi impatti sulla biodiversità marina e contribuisce all’innalzamento del livello del mare, ma ha conseguenze su quanto accade in atmosfera, dove avvengono i fenomeni meteorologici.
Alluvioni e cambiamenti climatici, legame col riscaldamento dei mari
Lo scorso anno Greenpeace ha lanciato il progetto “Mare Caldo”, composto da una rete di stazioni di monitoraggio per quanto riguarda le temperature marine e i cambiamenti climatici in mare. Ciò ha portato oggi alla presentazione di un briefing (“I cambiamenti climatici e il mare: gravi conseguenze anche per l’uomo”) redatto da Antonello Pasini, fisico del clima del CNR. Il climatologo ha commentato:
Il mare trasferisce più calore all’atmosfera e quest’ultima non può far altro che scaricare violentemente questo surplus di energia sul territorio con piogge molto intense e venti forti. Ecco quindi che i fenomeni meteorologici possono diventare più violenti.
Anche nel nostro mare ci sono i cosiddetti Medicanes (Mediterranean Hurricanes). Sono per fortuna più piccoli e meno distruttivi degli uragani atlantici, un po’ perché l’acqua del Mediterraneo è meno calda di quella atlantica equatoriale e tropicale, e perché hanno meno spazio libero da terre per svilupparsi rispetto all’Oceano.
Anche in Italia assistiamo al verificarsi di eventi sempre più violenti: abbiamo studiato un tornado che ha colpito Taranto nel novembre 2012, che ha causato un morto e 60 milioni di euro di danni. Con una temperatura della superficie del Mar Ionio di un solo grado in meno il tornado non si sarebbe formato, mentre con l’aumento di un grado ulteriore la sua violenza sarebbe cresciuta enormemente.
Necessario interrompere immediatamente ogni tipo di sostegno al gas fossile secondo Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace, che ha dichiarato:
C’è uno scollamento evidente tra i dati scientifici e le richieste dei climatologi e l’azione, o spesso inazione, dei decisori politici. Nonostante i tanti esempi di impatti molto gravi del cambiamento climatico – sui territori, gli ecosistemi e l’uomo – le azioni di contrasto sono insufficienti. È necessario accelerare la transizione energetica che porti alla costruzione di una società “decarbonizzata”, mentre oggi il governo italiano dimostra di voler continuare a puntare ancora tanto, anzi troppo, sul gas fossile.