Cambiamenti climatici rendono il cibo meno nutriente
Secondo un recente studio, il cibo sarà sempre meno nutriente a causa dell'aumento delle temperature e dell'inquinamento: particolare rischio per i cereali.
Mangiare non sempre equivale a nutrirsi. Per fornire all’organismo tutti gli elementi di cui ha bisogno, occorre infatti scegliere cibo di alta qualità, locale, di stagione e biologico, preferendo metodi di cottura poco aggressivi che non alterino vitamine e minerali. Purtroppo, con gli effetti del cambiamento climatico che si fanno sentire con sempre maggiore insistenza, il cibo potrebbe diventare meno nutriente, esponendoci a carenze dalle pesanti conseguenze.
A lanciare l’allarme sull’impatto negativo del riscaldamento globale sulle proprietà nutrizionali degli alimenti è un recente studio condotto dal Chicago Council on Global Affairs. Secondo i dati diffusi dai ricercatori, già oggi si può notare un calo delle qualità nutrizionali di colture alimentari fondamentali come il grano. Gli esperti spiegano che l’aumento della CO2 ha provocato una riduzione dell’apporto proteico dei cereali. Anche l’International Rice Research Institute avverte che nei prossimi anni la qualità del riso andrà scemando a causa dell’aumento delle temperature imputabile ad alte concentrazioni di gas climalteranti.
Secondo gli scienziati bisogna agire subito, prima che sia troppo tardi, mettendo a punto strategie di adattamento. Motivo per cui gli esperti stanno già studiando razze di bovini e polli che riescano a vivere anche con temperature elevate, uve resistenti ai funghi causati dal calore eccessivo e colture che siano in grado di proliferare anche in condizioni di siccità e afa. Ci vorranno anni prima che si riesca a raggiungere risultati soddisfacenti ed è per questo che gli scienziati richiedono interventi tempestivi per finanziare la ricerca agricola. Molte aziende si stanno già spostando più a Nord alla ricerca di temperature meno torride.
La ricerca dimostra come occorra anche formare gli agricoltori e prepararli a reagire ai cambiamenti climatici, coltivando nuove specie su terreni marginali, privilegiando piante che richiedano un consumo idrico ridotto e attuando strategie di mitigazione e adattamento adeguate. I Paesi in via di sviluppo, in particolare, corrono molti rischi sul fronte dell’approvvigionamento alimentare e andranno muniti di strumenti e competenze per fronteggiare l’emergenza.