Cosleeping: giusto far dormire i bambini nel lettone?
Antica come l'uomo, la pratica del cosleeping, ovvero del dormire insieme ai propri figli, divide l'opinione pubblica. Ecco le due scuole di pensiero.
La pratica di far dormire i bambini con i propri genitori, nota attualmente come cosleeping, è antica come il mondo, ed è ancora molto diffusa in tanti Paesi, dalla Scandinavia al Giappone, passando per la Gran Bretagna e per molte società africane e orientali. Anche in Italia, in effetti, il cosiddetto cosleeping (o cobedding, come più propriamente si dovrebbe dire quando ci si riferisce alla condivisione del letto e non solo della camera da letto) appare abbastanza diffuso, anche se spesso è una scelta fatta più per allattare al seno e per la fatica di gestire i frequenti risvegli che per reale convinzione.
In realtà, il cosleeping è il classico tema che suscita pareri tutt’altro che unanimi. Una scuola di pensiero molto radicata, da una parte, continua a sostenere che la prolungata permanenza nel lettone possa causare problemi comportamentali nei bambini, mentre pediatri e manuali di puericultura avvertono dei pericoli “fisici” del del dormire insieme, che interessano soprattutto i neonati: schiacciamenti, cadute accidentali e soffocamenti.
Sull’opposto versante, però, molti psichiatri e neurologi infantili ritengono che dormire insieme a mamma e papà sia la soluzione ideale per i bambini, perché li aiuta a sentirsi sicuri, favorisce l’allattamento al seno e la gestione dei risvegli. Il cosleeping, o ancora meglio il cobedding, permette di fornire al bambino, anche nottetempo, le cosiddette cure “prossimali”, ritenute indispensabili per allevare dei futuri adulti consapevoli e sicuri di sé.
Restano, certo, le problematiche di sicurezza, ma i fautori del cosleeping sono certi che basti scegliere un materasso abbastanza rigido, evitare coperte e cuscini accanto al bambino e astenersi rigorosamente da fumo, alcol e droghe (anche i genitori obesi, in realtà, dovrebbero evitare di dormire insieme ai propri figli). Una possibilità intermedia, per così dire, è rappresentata dal cosiddetto “side bed”, un lettino aperto da un lato che si affianca al letto dei genitori.
La raccomandazione condivisa un po’ da tutti gli addetti ai lavori, soprattutto nell’ottica di un buon allattamento al seno, rimane comunque quella di mettere a dormire il bambino nella stessa stanza dei genitori. Fondamentali, in ogni caso, gli accorgimenti per prevenire la temibile “Sindrome della morte in culla”: mettere a dormire il bebé in posizione supina, meglio se senza cuscino, non coprirlo eccessivamente (prediligendo sacchi nanna o coperte leggere), mantenere la temperatura della camera intorno ai 18-20 gradi e scegliere un materasso non troppo soffice.