Menù vegetariani a scuola: arriva la proposta di legge
Due iniziative che mirano a modificare la cultura del cibo a partire da istituti scolastici e luoghi di ristoro pubblici, presentate dall'ex-ministro Brambilla.
Migliorare gli stili alimentari, a partire dall’offerta nelle scuole: è questo l’obiettivo generale delle due proposte di legge presentate dall’ex ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla, che mirano a introdurre il menù vegetariano nelle mense scolastiche e nei luoghi di ristoro pubblico e privato.
Fondatrice della LEIDA, Lega Italiana per la Difesa degli Animali, vegetariana e attivista animalista da sempre, Michela Brambilla ha spiegato:
Il sistema della pubblica istruzione deve avere un ruolo più incisivo nell’educazione alimentare, presentando ai giovani, correttamente, anche le alternative che incidono meno sull’ambiente.
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Favorire l’orientamento verso un’alimentazione vegetariana, secondo la deputata Pdl, permette la riduzione delle emissioni nocive e può favorire una più equa distribuzione delle risorse alimentari: una scelta responsabile non solo verso se stessi, ma anche verso il pianeta.
Ogni anno nel mondo si buttano 1,3 miliardi di tonnellate di avanzi, un terzo di tutto il cibo prodotto, il quadruplo di quanto basterebbe a nutrire gli 868 milioni di persone che nel mondo soffrono la fame. Un fatto in sé intollerabile, e tanto più grave perché la produzione alimentare globale è responsabile del 70% del consumo di acqua dolce, dell’80% della deforestazione, del 30% delle emissioni globali di gas a effetto serra.
Secondo i dati FAO, il totale degli sprechi alimentari dei soli italiani, ad esempio, assorbe risorse equivalenti a 186 mila tonnellate di petrolio e produce 4 milioni di tonnellate di CO2 l’anno: più o meno “un quarto dei tagli richiesti dal Protocollo di Kyoto”.
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Queste cifre impongono un cambiamento delle abitudini: non solo essere consapevoli di quali siano le condizioni dell’industria della macellazione e dell’allevamento di massa, che depauperano i cibi le loro valore nutritivo, ma considerare anche l’impronta ecologica degli alimenti e orientarsi verso cibi che abbiano un più basso impatto ambientale, come quelli di derivazione vegetale.