Greenstyle Sostenibilità Energia Il 2023 anno da record per l’eolico ma Europa lontana dagli obiettivi 2030

Il 2023 anno da record per l’eolico ma Europa lontana dagli obiettivi 2030

L’UE ha costruito nuovi parchi eolici nel 2023, ma gli obiettivi europei fissati per il 2030 sono lontani. Il 2022 è stato un anno di crisi per quanto riguarda gli investimenti del settore, eppure la ripresa attuale lascia sperare. In un rapporto annuale, WindEurope ha infatti descritto il 2023 come un anno di miglioramenti significativi in aree chiave del ramo dell'energia eolica.

Il 2023 anno da record per l’eolico ma Europa lontana dagli obiettivi 2030

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Il mondo delle energie rinnovabili punta su eolico e solare come fonti principali, ma forse gli obiettivi dell’Unione Europea sono ancora lontani dal potersi concretizzare. Il piano è quello di arrivare ad una quota di rinnovabili pari al 42,5% entro il 2030? Il traguardo resta ancora lontano, ma dal report WindEurope arrivano dati incoraggianti.

Da quanto risulta dall’autorevole voce del colosso europeo dell’eolico, il 2023 sembra essere stato un anno da record per questo settore. Lo scorso anno gli investimenti nell’eolico offshore europeo sono balzati a 30 miliardi di euro, un distacco non indifferente rispetto agli scarsi 0,4 miliardi di euro del 2022.

Lo stallo di un paio di anni fa ha una ragionevole motivazione alla base: l’impennata di inflazione e tassi di interesse e la volatilità dei mercati energetici dopo lo scoppio della guerra Russia Ucraina. Il 2023 ha, per fortuna, riportato vigore e stabilità, con installazioni pari a 16,2 gigawatt di nuova capacità eolica, di cui circa l’80% da parchi eolici onshore.

Ma c’è un problema, ossia che i tempi tecnici per raggiungere gli obiettivi che l’Europa ha per il 2030, anche se il 2023 è stato un anno da copertina per le rinnovabili, sono ristretti. La stima è che l’UE debba prevedere di costruire 30 GW di nuova energia eolica ogni anno per i prossimi sei anni, uno scenario possibile ma difficile.

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Le prospettive dell’eolico europeo

La IEA, o Agenzia Internazionale dell’Energia, ha calcolato che l’Europa costruirà 23 GW di nuovo eolico nel corso del periodo 2024-2028, sulla base delle azioni previste dal pacchetto UE sull’energia eolica. Ma tra i paesi europei ci sono differenze sostanziali circa l’attuazione, con nazioni più virtuose di altre.

Il podio va senza dubbio alla Germania, responsabile del maggior numero di nuove capacità eoliche, seguita da Paesi Bassi e Svezia. In particolare, ai Paesi Bassi va il merito di aver costruito il più nuovo parco eolico offshore, l’Hollandse Kust Zuid, da 1,5 GW, per ora il più grande del mondo.

La mappa dell’eolico sorride anche a Spagna, Danimarca e, fuori UE, anche Regno Unito, ma vede alcuni paesi arrancare per quanto riguarda la transizione alle rinnovabili. L’idea di Pawel Czyzac, del tink tank Ember, l’ex Euronews Green, è che sia necessario considerare alcune criticità legate al tema dello sviluppo energetico sostenibile.

Ci sono paesi, come ad esempio la Lettonia, con un elevato potenziale legato all’energia eolica, ma poche capacità di tramutare gli obiettivi in qualcosa di reale. Lo stesso vale per Bulgaria, Romania, Repubblica Ceca, da supportare con piani e investimenti per raggiungere una migliore efficienza in questo campo.

Gli obiettivi 2030 dell’UE destinati ad essere irraggiungibili

La quasi certezza di WindEurope è che l’UE non sia in grado di tenere fede agli obiettivi fissati per il 2030, visto che i famosi 30 GW annuali in più, da qui a sei anni, sembrano impossibili. Per sfruttare il potenziale dell’energia eolica, i paesi dell’UE, anche quelli primi della classe, devono affrontare sfide a lungo termine.

Ne è un esempio quella che riguarda le modalità di sostituzione e smaltimento delle vecchie turbine con le nuove, una volta che le prime giungeranno al termine della loro vita. Ma i paesi europei devono anche investire nelle loro reti elettriche per evitare che le energie rinnovabili vadano disperse.

Il repowering delle turbine eoliche e i sistemi elettrici non ancora “corazzati” per rispondere alle esigenze di gestione e accumulo, non sono i soli limiti. Per la creazione di parchi onshore servono anche delle autorizzazioni specifiche e, cosa non da meno, anche il benestare dell’opinione pubblica locale, spesso contraria a lavori mastodontici e invasivi.

Se però l’Europa vuole ridurre la sua dipendenza dai combustibili fossili, le realizzazioni di parchi offshore, in ambiente marino lontano chilometri dai centri abitati, non bastano. Il che significa o trovare giuste soluzioni o, come immaginato in modo realistico dagli esperti, dimenticarsi i 425 GW necessari per rispettare gli obiettivi 2030 di energia rinnovabile.

 

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